Temistocle Mariotti, cronista attento alla geografia romana, tallona passo passo i movimenti del generale francese Oudinot. Il 3 maggio 1849 Oudinot “manda un mezzo battaglione a occupare Fiumicino”; il 12 maggio “prende posizione alla Magliana”; il 16 raggiunge “le alture della Casa Mattei, sino a Santa Passera”. Lo stesso giorno insedia “il quartiere generale alla Villa Santucci”.

Attorno alla chiesina di Santa Passera si insedia la cittadella militare francese.

Il capitano di stato maggiore Charles Vertray, autore di un’accurata cartografia, ci permette di ritrovare, tra gli edifici del presente, i luoghi di allora. Nei giardini di Villa Santucci (oggi Parco della Croce Rossa) si colloca il Bivouac, il grande accampamento del 36° reggimento di fanteria: ai circa 7000 uomini iniziali si aggiungeranno via via altre 23.000 unità di rinforzo. Sulla attuale via Giannetto Valli è stanziato il più piccolo 22° reggimento di fanteria e su via di Santa Passera è attestato il Genio. Su via Pietro Venturi c’è la cavalleria; a Villa Negroni (via dei Grottoni) risiede lo stato maggiore. Infine, presso l’odierna chiesa del Santo Volto, ci sono il deposito delle artiglierie (75 cannoni) e la polveriera.

Dal 29 maggio i genieri attrezzano un porto fluviale, tra le antiche darsene di Vicus Alexandri e costruiscono un ponte di barche per l’attraversamento. La testa di ponte sulla riva opposta è presidiata dai pezzi di artiglieria della Marina, disposti alla Basilica di San Paolo e su via delle Sette Chiese.

Le ostilità si aprono alle tre del mattino del 3 giugno 1849.

Le prime azioni si concentrano su Villa Pamphili e Villa Corsini, alle pendici del Gianicolo. Garibaldi è costretto a ripiegare sulla Villa del Vascello, l’ultimo caposaldo difensivo prima delle mura cittadine. Oudinot decide di espugnarlo a piccoli passi, con la tecnica dello scavo di trincee, con un esteso fronte d’assedio che va dalla via Portuense (presso l’odierna stazione Trastevere) alla chiesina di San Pancrazio. Seguono giorni di relativa calma, con i francesi impegnati a scavare e i garibaldini a rinforzare le difese.

Nella notte tra il 9 e il 10 giugno, il colonnello Manara organizza un’operazione di una certa complessità, articolata su due linee di fuoco. Alla Magliana ci sarà un’azione di disturbo eclatante, diretta contro il fianco destro francese: i Patrioti romani intendono far saltare in aria il ponte di barche a Santa Passera, con l’attiguo deposito di artiglierie e polveriera. Il botto si dovrà sentire in tutta Roma.

Quello sarà il segnale che darà il via all’azione principale: una sortita da Porta Cavalleggeri, diretta contro il fianco sinistro francese. A quel punto si vedrà come vanno le cose: se il fianco sinistro cede, Garibaldi è pronto a “ingaggiare la battaglia decisiva e finale”. Il piano è ingegnoso, può funzionare.

Quella sera, tuttavia, va tutto per il verso sbagliato. A cominciare dall’azione alla Magliana.

A Santa Passera i Patrioti romani impiegano una tecnica appresa dai francesi, quella dei brûlots incendiaires – in italiano “brulotti” –, ovvero tre piccole imbarcazioni imbottite di materiali infiammabili. I brulotti avanzano sul Tevere in gran silenzio. Ma le rive sono presidiate da attente sentinelle francesi, che “indovinando un tentativo di distruzione del ponte” allertano le batterie della Marina, che fanno fuoco sui brulotti romani prima ancora che riescano ad avvicinarsi al ponte di barche. Un colpo centra il primo brulotto e “seguita a bruciare finché è distrutto”. Stessa sorte tocca agli altri due.

La sortita da Porta Cavalleggeri ha esiti altrettanto disastrosi. Gli esploratori polacchi, che aprono la via alle cinque brigate garibaldine, sbagliano strada e finiscono sotto il tiro francese. L’azione è fallita. Lasciano sul campo venti caduti.


(articolo aggiornato il 4 Ottobre 2022)