All’inizio del XX secolo, l’area collinare sopra la basilica di San Paolo fuori le mura, nota come Colli di San Paolo, è ancora occupata da terreni agricoli appartenenti a diverse famiglie, tra cui i Torlonia, proprietari della tenuta di Monte Bagnaia, e gli eredi di Mariano Armellini. Tali terreni verranno espropriati per favorire l’espansione urbana della città.
Con la fine della Grande Guerra, Roma vive una fase di rapido sviluppo edilizio. L’ingegnere Paolo Orlando propone la realizzazione di un canale navigabile parallelo al Tevere, che colleghi la città al Lido di Ostia. Il progetto include anche un porto commerciale “interno” presso l’attuale via del Porto Fluviale, tra Garbatella e Testaccio, per agevolare il trasporto merci e incentivare l’industrializzazione della zona. Sebbene il canale e il porto non saranno mai realizzati, l’idea influenzerà a lungo la pianificazione urbana.
Il 18 febbraio 1920, in piazza Benedetto Brin, si tiene la cerimonia di posa della prima pietra del nuovo quartiere, presieduta da re Vittorio Emanuele III. L’iniziativa, promossa dall’Ente autonomo per lo sviluppo marittimo e industriale e dall’Istituto delle Case Popolari di Roma, intende offrire alloggi salubri ai lavoratori impegnati nella ripresa economica. Si ipotizzano inizialmente i nomi “Concordia”, come auspicio di pace sociale, e “Remuria”, in riferimento alla leggenda romulea. Alla fine prevale “Garbatella”, nome la cui origine resta incerta.
Tra il 1920 e il 1923 nasce il “Primo nucleo”, ispirato al modello inglese delle “città giardino”: villini e palazzine di tre piani al massimo, circondati da orti e giardini. L’architettura, detta “barocchetto”, è caratterizzata da modanature medievaleggianti, decori floreali e animali scolpiti, realizzati in materiali semplici come stucco e calce.
Con l’avvento del fascismo, tra il 1923 e il 1926, si sviluppa il “Secondo nucleo”. Il verde lascia spazio all’edificato, l’idea del porto viene abbandonata e si introducono edifici simili ai moderni condomini. Il Lotto VIII, in via Luigi Fincati, progettato da Plinio Marconi nel 1926, rappresenta questa nuova fase: un edificio a corte semintensiva, con facciate perimetrali e giardino interno, che concilia densità abitativa e spazi comuni.
Gli intensivi
Tra il marzo 1925 e la fine del 1927 si assiste a un nuovo cambio di passo: prende forma una lottizzazione destinata ad accogliere famiglie sfollate dagli sventramenti del Centro storico, avviati per l’apertura di via della Conciliazione e via dei Fori Imperiali. Nel 1927, in via Giovanni de Marignolli, viene costruita la casa “La Garbatella”, progettata da Giovan Battista Trotta: un edificio triangolare con loggia circolare, balconi curvi e un festone con busto femminile sulla facciata. Nello stesso anno, tra piazza Giuseppe Sapeto e via Angelo Orsucci, lo stesso Trotta firma i modelli 14 del lotto XXVIII e 5 del lotto XXXI, disposti attorno a due archi monumentali. Le gradonate e la Fontana della Carlotta completano la scenografia.
Tra il 1926 e l’inizio del 1930 si sviluppa il “Terzo nucleo”, sui lotti XII e XIII. Qui l’architetto Innocenzo Sabbatini progetta edifici polifunzionali. In via Edgardo Ferrati, nel 1927, vengono ultimati i Bagni pubblici con residenze: la struttura, ispirata alla Casa di Diana di Ostia Antica, prevede docce al piano terra e alloggi serviti da due corpi scala. Nel 1928, in piazza Bartolomeo Romano, Sabbatini completa gli Edifici gemelli del lotto XIII, caratterizzati da bugne, nicchie scolpite e alloggi sfalsati di mezzo piano.
Tra la fine del 1927 e l’inizio del 1931, sempre in piazza Bartolomeo Romano, sorge il Cinema-Teatro Palladium, progettato da Sabbatini con l’ingegnere Costantini. L’edificio, con impianto simmetrico e stile classico semplificato, richiama l’architettura romana non monumentale, ispirandosi alla muratura ostiense.
Nel novembre 1927 iniziano i lavori dell’Albergo Rosso, conclusi nel 1929. Situato tra via Luigi Fincati e piazza Eugenio Biffi, è uno dei tre “alberghi suburbani” per famiglie sfrattate. Riconoscibile per la torre dell’orologio, l’edificio è articolato in corti, vie interne e spazi comuni, come la mensa, distrutta nel bombardamento del 7 marzo 1943. Sabbatini lo concepisce su piani sfalsati, favorendo la continuità tra spazi pubblici e privati.
Gli altri edifici del quartiere
Nel nuovo quartiere sorgono altri edifici dalle forme straordinarie.
Nel 1929 l’architetto Giuseppe Nicolosi progetta il Lotto LI, compreso tra via Caffaro, via Giovanni Ansaldo e via Francesco Vettori. Il complesso, formato da cinque edifici disposti lungo il perimetro del lotto, lascia ampi spazi verdi al centro. Le soluzioni d’angolo, sempre diverse, creano aperture concave verso l’esterno. I prospetti mettono in risalto l’asse di simmetria con riseghe e fasce marcapiano. L’intonaco bicolore si alterna a inserti in mattoni, con marcate modanature alle finestre. L’edificio principale, formato da due volumi uniti, si apre su Largo Giovanni Ansaldo e conduce al giardino interno attraverso un passaggio coperto.
Nel 1931 Nicolosi realizza la Casa a Scala nel Lotto XXVII, in piazza Nicola Longobardi, tra via Rocco da Cesinale e via Giannantonio Cavazzi. L’edificio, sviluppato lungo due assi ruotati, risponde al forte dislivello del terreno con una volumetria originale. La facciata, arretrata rispetto alla strada, crea uno spazio pubblico interposto. Il bianco dell’intonaco, i giardini circostanti e la simmetria accentuano l’effetto scenografico. Ogni corpo scala serve quattro alloggi per piano.
Nel 1930 Giovan Battista Trotta realizza l’Edificio a Ponte, tra i lotti XXXII e XXXVII, in piazza Sant’Eurosia. Composto da due unità simmetriche collegate da un arco, segna l’ingresso principale del quartiere lungo via Antonio Rubino. L’arco, trasformato in terrazza, evidenzia con la sua altezza l’importanza urbana dell’edificio.
L’asilo “Luigi Luzzatti”, progettato da Sabbatini, si affaccia su piazza Nicola Longobardi. Di forma semicircolare, incorpora la preesistente Villa Roselli, costruita su una villa romana del I secolo. Il prospetto è dominato da un portico con tre colonne, sormontato da una loggia a sei colonne.
La scuola “Cesare Battisti”, progettata da Angelo Brunetta, si trova in piazza Damiano Sauli. L’edificio, organizzato lungo assi ortogonali alla via delle Sette Chiese, è preceduto da una piazza rettangolare definita dal corpo centrale arretrato e sormontato da una torre, che funge da fondale scenografico, affiancato da corpi laterali che creano le quinte stradali.
Le “Case modello” del Lotto XXIV
È il Lotto XXIV, realizzato nel 1929, a rappresentare la sintesi degli stili e delle aspirazioni dell’intero quartiere.
In quell’anno, in occasione del XII Congresso Internazionale delle Abitazioni e dei Piani Regolatori, l’Istituto per le Case Popolari affida tramite concorso la progettazione dell’intero lotto a sei architetti romani, sotto la direzione di Plinio Marconi.
Il progetto si sviluppa su una planimetria triangolare, adattata all’orografia del terreno, superando lo schema radiocentrico tradizionale. Il regolamento impone edifici disposti attorno a spazi comuni, con un massimo di otto alloggi ciascuno, ingressi indipendenti e altezze interne di almeno 3,25 metri. L’impianto conferisce al lotto un carattere sperimentale, apprezzato anche dalla stampa estera, che lo definisce “un raggio di luce nell’uniforme monotonia degli edifici”.
Tra gli edifici, spicca la Casa 1, di Mario De Renzi, in via delle Sette Chiese 93: un volume cubico isolato con due alloggi sovrapposti, simbolo della transizione verso l’architettura moderna. La facciata presenta una loggia con colonne stilizzate e timpano basso; sul retro, finestre d’angolo e balconi a sbalzo con ringhiere razionaliste.
De Renzi firma anche la Casa 5, una schiera di quattro alloggi animata da un corpo centrale prominente. Le Case 2 e 3, di Mario Marchi, sono gemelle a divisione orizzontale, con alloggi disposti simmetricamente rispetto a un asse centrale. Pietro Aschieri realizza le Case 4, 8 e 9, sperimentando tipologie miste e scale esterne d’ispirazione rustica. Gino Cancellotti firma le Case 6, 7 e 10, premiate ex aequo con quelle di De Renzi per la compattezza “toscana” e l’equilibrio compositivo. Luigi Vietti progetta le Case 11 e 12, ispirate alla campagna romana per semplicità e funzionalità.
Infine, la Casa 13, fuori concorso, è firmata da Plinio Marconi. Situata in piazza Giovanni da Triora, conclude il lotto sull’angolo acuto, combinando elementi rurali e moderni in una sintesi tra tradizione e innovazione.
(articolo aggiornato il 31 Marzo 2025)