La novità del tempo di Antonino Pio (138-161) è la diffusione del cristianesimo, una fede pericolosamente illegale.

Alla Magliana la comunità cristiana si radica nel quadrante greco del Vicus Alexandri e sembra avere come primo capo la sacerdotessa Praxedes (Prassede). Questo almeno pare emergere da uno scritto altomedievale attribuito al monaco Gualtiero, benché la fonte non sia solidissima.

Prassede è la figlia minore del ricco senatore Pudente, dal quale eredita insieme con la sorella Potentiana (Pudenziana) un titulus, cioè un piccolo centro comunitario cristiano, situato all’Esquilino. Le due sorelle sono diaconesse e possono amministrare l’eucarestia e il battesimo. Prassede e Pudenziana ampliano il titulus e vi aggiungono il fonte battesimale, dedicandosi alla conversione dei pagani. Non passa molto prima che Pudenziana venga arrestata e sottoposta all’inevitabile martirio, il giorno 19 maggio di un anno incerto, che diviene la sua ricorrenza liturgica.

A quel punto Prassede prende in consegna il testimone e edifica un secondo e anche un terzo titulus, quest’ultimo collocato verosimilmente alla Magliana. Per evangelizzare la Magliana, Prassede sceglie come punto di partenza un sepolcro in disuso della necropoli di Vicus Alexandri. Per ristrutturarlo non deve fare grandi lavori, perché il sepolcro ha già una conformazione “a tempietto” ed è composto di due camere quadrate sovrapposte. L’aula inferiore rimane inutilizzata (è una cella funeraria senza luce né finestre). L’aula superiore invece si presta bene a diventare uno spazio per la celebrazione eucaristica, perché è già in origine destinata all’agape, il banchetto comunitario pagano in onore dei defunti. Se ne conserva oggi una significativa porzione di facciata in cortina ― a mattoni policromi dall’ocra al rosso, con tre finestrelle ― inglobata nella facciata della chiesina di Santa Passera.

Aiutandoci con la fantasia proviamo a immaginare una scena suggestiva: il battesimo dei nuovi cristiani. Mancando nella chiesina il fonte battesimale, il battesimo è probabilmente celebrato per immersione direttamente nelle acque del Tevere, come faceva Giovanni Battista nel fiume Giordano. I militari romani fermeranno Prassede nel sangue: è il 21 luglio, da allora sua ricorrenza liturgica.

Rimaniamo a Vicus Alexandri, percorrendo appena pochi metri. Attraverso ripide scalette scendiamo nel sottosuolo. Ci ritroviamo in una stanza funeraria del tempo di Settimio Severo (193-211). L’aria è rarefatta e la visita è sconsigliata a chi soffre di claustrofobia. Ma la bellezza della decorazione pittorica ci ripaga della fatica, perché su sfondo di intonaco chiaro ci ritroviamo al cospetto di una dea greca: Dike.

La vergine Dike vive durante l’Età dell’oro, un’epoca prima del tempo in cui dèi e mortali vivono in familiarità. Con la rivolta di Zeus contro il padre Crono tutto cambia: il mondo conosce la fatica, la violenza, l’avidità; si tracciano confini, esplodono guerre, la stessa Dike finisce esiliata in cielo. Ovidio nelle Metamorfosi narra in versi struggenti la sua partenza dal nostro mondo: “Victa iacet pietas et Virgo cædet madentes terras”, la pietà giace sconfitta e la vergine Dike lascia la terra grondante di sangue (I, 49).

Pregare Dike è quasi uno schiaffo a Roma, perché Dike è l’avversaria di Giove, lo Zeus romano e nume tutelare dell’Impero. Eppure, nella Magliana del III secolo c’è chi invoca la dea perché faccia ritorno, scacci via Giove e porti con sé una nuova età dell’oro. Dike sintetizza perfettamente il malinconico spaesamento del suo tempo, contrapposto al rimpianto dei bei tempi andati.

Un altro culto ci riporta al rimpianto dell’età dell’oro: quello della dea Proserpina. Ce ne parla un grande mosaico ritrovato nel 1885 su via della Magliana Antica, conservato oggi nella Sala delle caldaie del Museo Centrale Montemartini. Proserpina è la figlia di Cibele, la versione greca della Grande Madre. Il dio infernale Plutone rapisce Proserpina e la conduce con sé, per farne la sua sposa e regina dell’Ade. Cibele, furiosa, invia sulla Terra due flagelli: Phthinóporon (l’Autunno), che porta tre mesi di freddo e carestia; e Keimón (l’Inverno), con tre mesi di gelo mortale. Costretto ora a scendere a patti, Plutone restituisce Proserpina alla madre, ma solo per sei mesi l’anno. Nel tempo in cui le sarà concesso di rivedere la figlia, Cibele farà fiorire la terra, attraverso altri due emissari: Eiar, il risveglio primaverile; e Theros, la maturazione estiva. È l’eterno alternarsi delle stagioni, il succedersi dei cicli della vita.


(articolo aggiornato il 4 Febbraio 2023)