Quella tra i due vicini, Bonelli e Nervi, sembra quasi una gara del talento: due uomini con due visioni antitetiche del mondo, ma con il medesimo obiettivo di riempirlo di bellezza.
Anche Bonelli infatti, intorno al 1934, si improvvisa costruttore, trasformando i due casali della sua tenuta – la casa Balzani e il casale della Vignarola – in altrettante lussuosissime ville.
Il progettista di entrambi i restauri è Clemente Busiri-Vici (1887-1965), esponente di una celebre famiglia di architetti. La sua specialità è ristrutturare vecchi caseggiati in stile eclettico, dotandoli di “stupefacenti aggiunte” che attingono a epoche lontane e diverse: sul tetto merli e torrette medievali, nei saloni bifore e trifore rinascimentali, nei giardini giochi d’acqua barocchi.
Alla Vignarola Busiri-Vici ingloba il vecchio casale in nuovi corpi di fabbrica e ardite sopraelevazioni, con un avancorpo pergolato e una cappellina. Tutt’intorno disegna un giardino di camelie, oleandri e agrumi.
La nuova Villa Vignarola è destinata alla figlia secondogenita di Bonelli, Ernestina, sposa Giachetti. Il patriarca Bonelli ha invece riservato per sé la casa Balzani.
Qui Busiri-Vici lavora a corda stretta, sotto il controllo stringente del padrone, che non vuole pacchianerie e gli ha chiesto di ispirarsi alla semplicità marinaresca delle ville della costiera ligure.
Anche qui Busiri-Vici aggiunge nuovi corpi di fabbrica e sopraelevazioni. Le uniche estrosità stilistiche che gli sono concesse sono le due tozze colonne angolari che reggono il corpo-torre e sembrano sfidare la statica; le finestre ellittiche della mansarda e un giardino segreto. In corso d’opera Bonelli rinuncia a dotarsi di una chiesetta e ne trasforma le strutture in una serra-studio, dalle ampie e luminose vetrate. Al termine dei lavori casa Balzani cambia nome e diventa Villa Bonelli.
Nel giardino Busiri-Vici realizza due fontane. La prima, la fontana dei ranocchi, è ricavata da una riserva idrica, trasformata in un laghetto rettangolare con vezzosi giochi d’acqua. La seconda, più piccola, ha la forma di una stella a quattro lobi.
A quel punto Bonelli mette personalmente mano al giardino (oggi parco pubblico di Villa Bonelli), in cui Busiri-Vici ha modellato terrazze panoramiche e scalinate. Bonelli vi piantuma gli alberi della tradizione italiana: cipressi, pini a ombrello, varietà di querce. Contiguo alla villa, Bonelli reimpianta il vigneto di Balzani esteso per sette ettari, sostituendo le deboli uve locali da vino con pregiate uve da tavola.
La tenuta – come ha promesso Bonelli un decennio prima – si è ora trasformata in un giardino fiorito, attraverso la scienza agraria, la tecnica idraulica e il lavoro di tenaci mezzadri. “Da via della Magliana alla ferrovia si coltivano gli ortaggi”, testimonia Tullio Chistè: la monocoltura di carciofi ha ormai ceduto il posto alla gamma completa degli ortaggi tipici romani. “Vicino via Vaiano ci sono viti da vino; si raccolgono ogni anno cento botti di dieci quintali. Si raccoglie anche uva da tavola, nella zona dell’incrocio tra via dell’Impruneta e via della Magliana”.
Nel 1935 arriva una nuova fase. “Piantiamo un frutteto”, ricorda Tullio. “Dalla parte di via Pian Due Torri e sul monte ci sono prugne e pesche”. Bonelli è l’unico in zona a produrre confetture e frutta sciroppata.
(articolo aggiornato il 12 Giugno 2022)