Nell’ottobre 1982 le prime abitazioni del Nuovo Corviale vengono sistemate alla meno peggio e consegnate agli inquilini, senza che le unità di gestione siano entrate in servizio. Il Nuovo Corviale è un gigante senza testa, che si muove scompostamente.

Le prime assegnazioni sono caratterizzate da una fase caotica, accompagnate sin da subito da irregolarità e ondate di occupazioni.

Il cinema italiano si fa testimone di quella fase, con la commedia “Sfrattato cerca casa equo canone” (1983) del regista Pier Francesco Pingitore. L’attore Pippo Franco interpreta un padre di famiglia rimasto senza casa, che con metodi furbeschi ottiene l’assegnazione di un appartamento nel gigantesco edificio, mettendo già da allora alla berlina i principi urbanistici e ideologici che hanno portato alla costruzione del Corviale, e l’incapacità di Roma di gestire la creatura di cemento che ha creato.

Nei due mesi che seguono Fiorentino difende con forza il suo progetto, che ha vissuto e voluto profondamente. Quando le unità di gestione entreranno in funzione – spiega – tutto sarà diverso.

Le unità di gestione hanno il compito di far funzionare i “tre gruppi di servizi di base” che affiancano le residenze. I tre servizi di base sono: “un asilo-nido, una scuola materna ed un gruppo di esercizi commerciali di prima necessità al piano d’ingresso; alcune decine di locali destinati a botteghe, studi professionali, attività artigianali, ambulatori situati nel piano libero; ed infine una grande autorimessa che garantisce un posto macchina per ogni alloggio”.

Il dibattito ruota intorno ai due possibili modi per attivare le unità di gestione. Due modelli si contrappongono: quello paternalistico, tradizionalmente impiegato dallo IACP, che si ritiene sia l’unico realisticamente in grado di funzionare; e il nuovo modello di gestione comunitaria pensato da Fiorentino.

In un’intervista Fiorentino spiega che la partecipazione è l’unico modo possibile per gestire l’enorme palazzo: “Se l’inquilino di domani pensa di avere una struttura di tipo paternalistico, in cui tutto viene offerto, è chiaro che Corviale è destinato ad un fallimento clamoroso. Se la gestione di Corviale diventa una gestione di comunità allora il discorso diventa importante. Questo, è chiaro, dipende da una serie di considerazioni riguardanti momenti di intervento da parte del Comune, dello IACP, di assistenti sociali, di promotori culturali ecc. Perché noi abbiamo scelto una strada così rischiosa? Perché io credo che di fronte ad un programma generico, forse è utile fare un intervento che fosse un modo nuovo di gestire questi complessi dell’IACP. Da questi spunti può nascere un modo di rapportarsi alla città – perché in effetti questo è un pezzo di città! – completamente diverso da quanto avviene normalmente. È chiaro che la risposta in senso negativo è che ognuno si chiude dentro, tutto il resto viene gestito attraverso una amministrazione di tipo paternalistico, i servizi vengono sottovalutati, e quindi il risultato definitivo può essere molto al di sotto di quello che uno si proponeva. Si tratta invece di passare ad una gestione di partecipazione degli inquilini alla vita della propria comunità, non dico della città. Le strutture fisiche sono predisposte a che questo avvenga, sono pronte a recepirlo. Non sta all’architetto fare il gestore ma predisporre le strutture perché questo sia possibile”.

Fiorentino compie un tour de force impressionante: alterna dibattiti pubblici, incontri con le scuole, interviste ai giornali. Fiorentino è consapevole di aver realizzato il progetto più importante della sua vita: sa forse di aver preparato per una vita intera quel progetto; sa che il fallimento di Corviale sarà il suo personale fallimento.

Mario Fiorentino muore per un attacco cardiaco il 25 dicembre 1982. Immediatamente si diffonde la diceria urbana che Fiorentino abbia deciso di togliersi la vita, non riuscendo ad accettare il fallimento del suo edificio. Non è così: Fiorentino muore forse per aver impegnato tutte le sue energie per difendere la sua creatura, ma Fiorentino non rinnegherà mai il suo sogno di Corviale.

Poco dopo la sua morte, le occupazioni si trasformano in un assalto, un arrembaggio incontrollabile. Tutte insieme, 700 famiglie occupano gli alloggi ancora non assegnati, e anche gli spazi assegnati ai servizi.

Realizzarli, con le famiglie già dentro, diventa impossibile.


(articolo aggiornato il 12 Giugno 2022)