Questo racconto è incominciato con una corsa in auto, fuori dal Raccordo Anulare, diretti verso una meta che è arrivato il momento di rivelare. Da via della Magliana accostiamo su un piazzale anonimo, un parcheggio per camionisti accanto a una trattoria. Colpisce, in un angolo defilato, la presenza di una panchina di colore rosa. Accanto, una mano pietosa ha lasciato dei fiori. La panchina invita a sedersi, riflettere; a cancellare il rumore degli autoarticolati in transito, chiudere gli occhi e ricordare una storia.
La storia è quella di Sara Di Pietrantonio, 22enne di Spallette, tra Magliana e Ponte Galeria. Studia economia, ama lo sport e la danza, ha lunghi capelli chiari. Negli ultimi due anni ha frequentato Vincenzo, 27 anni, guardia giurata. La storia per un po’ ha funzionato, poi i due si sono lasciati.
Il 28 maggio 2016 è un sabato. Sara esce con gli amici per una serata di svago e prende in prestito l’auto Toyota Aygo dalla madre, la signora Tina. Si fa tardi. Sara fa il giro per riaccompagnare gli amici, poi alle 3:20 manda a casa un sms rassicurante: “Sto tornando”. Poi però più nessun contatto. Sara quella notte a casa non torna.
I familiari di Sara cominciano ad allarmarsi già 20 minuti dopo quel messaggio: lo zio monta in auto con la madre e iniziano le ricerche. Fanno il giro degli amici, li svegliano in piena notte, ma niente: nessuno l’ha più vista dopo le 3:20.
Alle 5 del mattino la madre e lo zio sono ancora in auto. Su via della Magliana vedono una macchina avvolta dalle fiamme e i vigili del fuoco intenti allo spegnimento. La signora Tina riconosce la carcassa della sua Aygo. Ha il cuore in gola. Si precipita verso l’abitacolo: dentro non c’è nessuno. Tina incomincia a perlustrare le sterpaglie intorno al rogo, tra le braci ancora fumanti. Dietro un muretto scopre l’orrore: vede il corpo senza vita di Sara.
La polizia rileva subito macroscopiche incongruenze. L’ipotesi di una disgrazia, un incendio accidentale del veicolo, non regge. Il corpo della ragazza ha delle bruciature ma non è carbonizzato; ha invece delle vistose ecchimosi sul collo. Sara è stata strangolata.
La procura apre un fascicolo per omicidio volontario.
Nel registro degli indagati viene iscritto l’ex fidanzato Vincenzo, che nega ogni coinvolgimento. Ha anche un alibi di ferro, perché quella notte si trovava al lavoro, per la guardianìa notturna negli uffici della Regione Lazio, dove in tanti lo hanno visto prendere servizio. E le celle telefoniche confermano che nelle ore del delitto il suo cellulare non si è mosso da lì.
Ma le zie di Sara, interrogate come testimoni, parlano a lungo di lui. Riferiscono che Sara ne ha paura; Vincenzo non si è rassegnato alla fine della relazione e ha fatto tentativi insistenti per incontrarla. Finché nel pomeriggio di sabato è stato ammesso in casa, per un ultimo definitivo chiarimento.
Gli amici di Sara aggiungono altri racconti. Ci sarebbero stati episodi violenti, ma Sara non se l’è sentita di denunciare. Vincenzo la controllava in ogni istante, richiedendole per sms di conoscere movimenti e compagnie. La pedinava anche, secondo il racconto degli amici, per essere sicuro che non gli mentisse. E poi, quando la storia è finita, Vincenzo non ha accettato il nuovo stato delle cose. Non ha accettato che Sara potesse voltare pagina.
Le indagini proseguono e Vincenzo viene messo di fronte a evidenze schiaccianti: la sua auto Yundai ha delle ammaccature sulla fiancata ed è senza specchietto. Lo specchietto è stato ritrovato sul luogo dell’incendio. E le telecamere di videosorveglianza di una vicina cava hanno ripreso la sua auto, parcheggiata accanto a quella di Sara.
Vincenzo alla fine crolla. Si mette a piangere, ammette il femminicidio.
Inizia la compilazione del verbale: “Un po’ di tempo fa ci siamo lasciati ma non sopportavo che fosse finita”. Poi ripercorre quella tragica notte e racconta che verso le tre si è allontanato dal posto di lavoro lasciando il cellulare in guardiola. Alle 3:20, mentre Sara si accinge a rincasare, incomincia a pedinarla. Poi, sul rettilineo di via della Magliana dopo il Gra, la affianca e comincia a speronarla, costringendo la ragazza a fermarsi. A quel punto l’uomo entra nell’auto di Sara e scoppia una lite. Al culmine, comincia anche a rovesciarle addosso del liquido infiammabile.
Sara tenta una fuga disperata: corre a piedi nel buio, su via della Magliana. Confida in un angelo: un’auto in transito che possa soccorrerla. Ne passano due. Ma la prima tira dritto; e anche la seconda non si ferma. Questa storia ci consegna tanti se: se Sara avesse denunciato; se un’auto si fosse fermata… Se… L’aggressore raggiunge Sara. L’afferra per il collo. E la vita di Sara si conclude lì, tra le sterpaglie.
Ne maggio 2017 Vincenzo viene condannato in primo grado all’ergastolo, per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi, stalking, distruzione di cadavere, danneggiamento e incendio. Dopo alterne vicende in appello e cassazione, l’appello-bis del settembre 2019 ha confermato il carcere a vita.
(articolo aggiornato il 28 Aprile 2023)