Gli Anni Sessanta portano grandi infrastrutture, come la nuova Strada statale 201 Portuense, che collega il nuovo Aeroporto intercontinentale Leonardo da Vinci di Fiumicino (1961) con la Circonvallazione meridionale. Vi sfrecciano sopra le piccole Fiat 500 e le grandi 600, alla fantasmagorica velocità di 90 chilometri orari.

Sono gli anni della motorizzazione di massa: si va al lavoro con l’auto privata, si registrano i primi ingorghi all’ora di punta. Per evitarli i Romani sviluppano un talento tutto loro nella scoperta di strade alternative. Una di queste “scoperte” è proprio la Circonvallazione meridionale. È una bretella d’asfalto che corre in mezzo al nulla, nell’Agro romano tra il Ponte di Mezzocammino e la Via Aurelia. L’Anas l’ha completata nel 1951 e nel tempo l’ha prolungata con nuove tratte, fino a disegnare un anello carrabile completo intorno alla città, lungo 68 chilometri. L’anello non ha un vero e proprio nome, ma ha un nomignolo: il Gra, dal nome del suo progettista, l’ingegner Eugenio Gra.

I Romani iniziano a percorrere quotidianamente l’anello, che unisce tra loro i settori periferici senza bisogno di attraversare il centro urbano, assorbendo volumi di traffico via via crescenti. Nel 1962 i tecnici dell’Anas se ne accorgono e mettono in cantiere il raddoppio di carreggiata e sostituiscono le intersezioni con le strade consolari con gli innovativi svincoli cloverleaf, “a quadrifoglio”.

Il Gra adesso ha anche un nome ufficiale: Grande Raccordo Anulare, la cui sigla G.R.A. conserva il nomignolo originario. Il Grande Raccordo Anulare entra nel cuore dei Romani.

C’è ancora un tassello da posizionare al posto giusto. Dal 1964 l’Anas trasforma la Statale 201 Portuense in una moderna autostrada – oggi A91 Roma-Fiumicino – e ne mette in cantiere il “tronco di penetrazione urbana”: un prolungamento di 6,5 chilometri, dal quadrifoglio tra il Gra e via della Magliana fino al Ponte della Magliana. È un’opera impegnativa, che contende gli spazi alla golena del Tevere: il tratto al chilometro 3 100 sull’Ansa della Magliana corre in viadotto per 640 metri.

Il 28 giugno 1965 la collina sovrastante inizia a franare. È uno smottamento silenzioso ma di particolare forza e durata, con un fronte di 200 metri che dura dieci giorni. Il viadotto Anas finisce sotto i detriti.

Nello scenario lunare di questi giorni, è possibile incontrare il giovane regista Pier Paolo Pasolini (1922-1975) con il suo assistente Vincenzo Cerami, intenti a girare alcune scene del film Uccellacci e uccellini, con Totò e Ninetto (Ninetto Davoli). Altre parti del film sono girate sulla collina di Montecucco.

Un progettista famoso, Riccardo Morandi (1902-1989), viene incaricato di rimediare i danni della frana, realizzando a Roma qualcosa di mai visto prima: un ponte strallato lunghissimo, che scavalchi per intero il fronte di dissesto. Ne ha già costruito uno simile a Genova, ancora più grande, sul torrente Polcevera.

Il ponte romano di Morandi è sorretto da un grande telaio verticale di cemento armato, dalla cui sommità partono quattro tiranti di acciaio – gli “stralli” – ricoperti di calcestruzzo precompresso. I primi due stralli sorreggono l’impalcato stradale sospeso; gli altri due invece àncorano la struttura a due contrappesi riempiti di inerti, in un grandioso gioco di forze contrapposte.

Completato nel 1967, il ponte Morandi di Roma ne diventerà da subito un’icona, un portale monumentale d’ingresso per chi viene da Sud-Ovest. Il suo fratello maggiore, il ponte Morandi di Genova, è crollato tragicamente nel 2018.


(articolo aggiornato il 20 Ottobre 2022)