La meccanica di base, dunque, è pronta; la visione reflex c’è; la messa a fuoco pure; perché la macchina sia completa occorre ancora un sistema per effettuare i tempi di posa lenti. Se ne occupano Emilio Palamidessi e Luigi Picchioni, riprendendo un vecchio progetto di ritardatore pensato per la Gamma a telemetro. Picchioni fa uso dello “scappamento ad àncora”, un tipo di ingranaggio utilizzato in orologeria per calibrare l’impulso della molla di carica in maniera uniforme, col fine di ottenere l’esatto intervallo di tempo della molla che regola lo scorrimento delle tendine. I tempi lenti vengono impostati tramite un selettore separato rispetto a quello dei tempi veloci, facendolo entrare in funzione al momento dello scatto.
Si comincia quindi a ragionare su una preserie, cioè una produzione artigianale di un prototipo in più esemplari uguali, su cui impostare in seguito la linea di montaggio per la produzione in serie vera e propria.
I modelli di preserie prendono il nome di Standard 947, in omaggio a quel 1947 di sogni e di ore di lavoro strappate al sonno. Questa macchina, prodotta per la verità in pochissimi esemplari, si compone di 280 pezzi in tutto per un peso di 680 grammi.
Viene prodotto un depliant pubblicitario, che recita: “Il sistema di messa a fuoco deriva dal complesso di due distinti elementi: un’applicazione reflex [il pentaprisma] e un dispositivo ottico con effetto di telemetro [lo stigmometro]. Uno specchio a 45° riflette su di un particolare sistema ottico l’immagine proiettata dall’obiettivo. Questo sistema ottico fa sì che l’immagine stessa ruoti di 90° nel piano verticale e di 180° in quello orizzontale. Qualunque sia l’orientamento dell’apparecchio il soggetto si presenta dunque alla visione attraverso l’oculare nella grandezza naturale e nel senso reale, così, come l’occhio lo vede. Le velocità di posa sono sistemate su di un indicatore a due vie: un bottone girevole per le velocità da 1/25 ad 1/1000, e un disco rotante per quelle lente da 1 secondo a 1/10. Queste ultime sono ottenute per mezzo di uno scappamento ad ancora di precisione, montato su 8 rubini”.
Tra le altre caratteristiche c’è un bottone unico per far avanzare il film e caricare l’otturatore; e lo specchio riflettore è collegato al pulsante di scatto con un meccanismo di ritorno istantaneo senza bisogno di riarmare l’otturatore. La macchina utilizza una pellicola cinematografica da 35 mm, realizzata in viscosa.
Nel maggio 1948 arriva il tradizionale appuntamento della Campionaria di Milano. Anche quell’anno Corsi è lì, con l’obiettivo di raccogliere molte ordinazioni e convincere finalmente il Consiglio di amministrazione della CISA Viscosa a stanziare fondi per trasformare lo Stabilimento SARA, assumere il personale qualificato e iniziare la produzione in serie.
Nello stand Rectaflex c’è esposto il prototipo Standard 947 e un opuscolo con lo slogan “Rectaflex, la reflex magica”. Il corpo macchina costa 65.000 lire, abbinabile alle ottiche Angénieux, Berthiot o Boyer.
L’esordio Rectaflex è accompagnato da un servizio redazionale sul Progresso fotografico, dal titolo “Il miracolo Rectaflex. Stavorta er miracolo viè da Roma”. Vi si legge: “La Rectaflex è la macchina di oggi e dei domani, in un’aristocratica categoria a parte. Anche lavorando verticalmente, l’immagine appare sempre diritta, con a destra quello che è a destra, a sinistra quello che è a sinistra. I caratteri vi si leggono normalmente. Non ci si venga a dire che questo particolare interessa relativamente, poiché nell’inquadratura è bene vedere le cose come realmente sono: tanto nei gruppi che nella composizione di nature morte od altro, scene sportive in particolare, poiché è più facile seguire un’auto nella sua vera direzione che in senso inverso… Il nuovo telemetro non può conoscere guasti perché incorporato nel prisma ricevente l’immagine. Esso lavora solidale col prisma, e si chiama stigmometro (dal greco stigma = segno, punto, stimmata); è costituito da una minuscola lente cilindrica che presenta la nota caratteristica di deformare l’immagine quando essa non è perfettamente a fuoco, qualunque sia la lunghezza focale dell’obbiettivo impiegato, e a tutte le distanze. Lo stigmometro garantisce finalmente la matematica messa a fuoco con qualsiasi focale a qualunque distanza. Nessuno ci ha pensato prima! Il rallentatore dei tempi, tanto ammirato dai meticolosi tecnici svizzeri e montato su rubini non sintetici, costituisce un gioiello di moderna e sicura orologeria… Partita vinta!”.
La fiera milanese è per Corsi un successo. L’avvocato torna a Roma raggiante, con un portafoglio di 300 ordinativi. Impossibile con questi risultati per i soci della CISA rifiutargli quel che chiede.
Si tiene una seduta straordinaria del Consiglio di amministrazione della CISA Viscosa, in cui finalmente Corsi ottiene l’approvazione del suo progetto.
Viene approvata la produzione in serie della “reflex magica” e si decide l’investimento da capogiro di 300 milioni di lire. Sarà costituita una nuova società, la Rectaflex srl; sarà quasi completamente smantellato lo Stabilimento SARA per far posto alla modernissima fabbrica Rectaflex; e Corsi ne sarà amministratore delegato.
Dei tempi della viscosa, ormai lontanissimi, non rimangono che sbiadite fotografie in daguerotipo.
La prima pietra della nuova fabbrica viene posata nell’autunno 1948. Vengono assunte le maestranze, formate dai tre storici capo-montatori Sara – Frajegari, Judicone e Assenza –, e nel personale vi sono numerose donne, impiegate nelle funzioni minute. Nel frattempo le Standard 947 vengono messe in vendita, prevalentemente sul mercato americano e francese, grazie ai distributori Director Products di New York e Exclusivités Télos di Parigi. Altre intese commerciali portano la Rectaflex nei cinque continenti ma non ancora in Italia. Si tratta di una politica commerciale bizzarra ma basata sull’idea di un orizzonte largo, che rispecchia il carattere visionario dell’aministratore-progettista Telemaco Corsi. In quei giorni Corsi respira aria di fabbrica notte e giorno, perfeziona la macchina e insegue gli standard tecnici delle due principali concorrenti: Leitz e Zeiss. Con l’inverno 1948 inizia la produzione del nuovo modello, la Serie 1000, caratterizzato da numeri di matricola a partire dal numero 1001. Esteriormente il nuovo modello conserva il design della Standard 947, mentre il corpo-macchina, ricavato in pressofusione di alluminio anodizzato, si compone di quattro parti: il corpo vero e proprio, il castello (con prisma e specchio), il piano frontale (con l’imboccatura dell’ottica) e il dorso. Le ottiche sono intercambiabili e il meccanismo dei tempi lenti è migliorato.
La nuova fabbrica viene completata con invidiabile rapidità e nel gennaio 1949 il sindaco Salvatore Rebecchini può già inaugurarla. Sono gli anni della ripresa economica, del boom. Nel suo discorso Rebecchini rievoca la trasformazione della borgata del Trullo, da zona acquitrinosa a distretto industriale che porta con sé case, benessere, eccellenza. Il giornalista de Il progresso fotografico fornisce un enfatico resoconto di quella giornata:
Io petulante chiesi di poter visitare lo stabilimento con più tranquillità. Quando mi è mostrato il castello della Rectaflex non ebbi bisogno di spiegazioni, per sapere che questa è l’ultimo grido delle pressofusioni, la più esatta! Entrando nel salone delle macchine utensili ebbi un grido di ammirazione, scorgendone oltre centoventi. Come si fa a non costruire bene i duecento pezzi che compongono la Rectaflex con quella attrezzatura? Sarebbe più difficile costruirli male che bene! E i controlli? non finiscono più! Ogni pezzo viene controllato con implacabile pignoleria durante il montaggio, tanto che i controlli finali, che sono i più severi, diventano forse inutili. Quindi, la Rectaflex costruisce in serie circa cinquanta macchine al giorno, occupando quattrocento persone ma il controllo è singolo, accurato, esasperante. Organizziamo tutta la nostra industria con simili metodi e i nostri prodotti non temeranno confronti!
Il cronista esagera probabilmente nei toni e nei numeri ma l’atmosfera di entusiastica fiducia nel futuro è reale.
Nei primi mesi del 1949 avviene un disastro: i modelli 1000, appena venduti, uno dopo l’altro manifestano problemi meccanici e vengono rispediti al Trullo per l’assistenza, tutti con difetti alle tendine e ai leveraggi del ritardatore: sui tempi di posa lunghi (dal decimo di secondo in poi) la Rectaflex non funziona. Corsi individua subito la causa nei corpi di alluminio, prodotti dalla Fonderia Romana di Porta Portese, soggetti a dilatazione termica: succede che al variare della temperatura i componenti interni sono compressi oppure ballano. Sotto gli occhi sgomenti degli azionisti Cisa, Corsi adotta la decisione di richiamare in fabbrica tutte le macchine vendute, e di ritirare dai negozi quelle lasciate in conto vendita. L’avvocato Corsi fa eseguire delle rettifiche manuali a colpi di fresatrice, eliminando le tolleranze o interponendo lamelle di ottone. Il processo è lungo e costoso, senza contare che la Fonderia Romana ha già realizzato altre 2000 fusioni.
Corsi prende una seconda decisione coraggiosa: rimanda indietro alla fonderia i 2000 corpi in alluminio, e chiede di rifonderli di nuovo, a spese della Rectaflex, con un nuovo stampo che risolve il problema. I nuovi stampi hanno numeri di matricola dal 2128 in poi: nasce così, non da una pianificazione ma da una serietà commerciale che sa di tempi lontani, il nuovo modello Duemila. Ma Corsi è ancora inquieto. Nella nuova Duemila inserisce anche le migliorie sperimentali elaborate nel frattempo, e un nuovo pentaprisma, ideato dallo stesso Corsi e dal fidato Picchioni, che presenta nella seconda faccia una superficie convessa e nell’ultima faccia una lente ingrandente: il risultato è che sull’oculare si vede un’immagine ancora più grande e luminosa. Questa miglioria, chiamata pentaprisma a lente convessa, viene brevettata nel febbraio 1949. Nello stesso anno Corsi e Picchioni ottengono altri due brevetti: uno sul sistema di otturazione (con una doppia tendina ad apertura fissa), un altro sul ritardatore dei tempi lenti (montato su platine anodizzate con oro 22 carati e rubini).
Intanto arriva la Fiera Campionaria di Milano, edizione 1949, dove la Rectaflex presenta la Duemila. E c’è un’altra brutta sorpresa. Corsi osserva con rabbia, nello stand accanto, la Contax S della concorrente Zeiss, che monta lo Spiegelreflexkamera, un sistema a specchio riflettore con prisma di rinvio che in pratica è la versione tedesca del pentaprisma rectaflex. Poco più in là c’è la svizzera Alpa Reflex, con le stesse caratteristiche ma per fortuna ancora costosissima. L’aneddoto vuole che Corsi, furibondo, abbia gridato al plagio. La fiera tuttavia sorride a Corsi e fioccano gli ordinativi. E in fiera Corsi mette a segno anche un bel colpo sul mercato di Francia e Colonie, ottenendo l’abbinamento in vendita della sua macchina con il nuovo grandangolare Retrofocus 35 mm della Angénieux. Tra Corsi e il produttore Pierre Angénieux si instaura subito un’amicizia personale, che durerà tutta la vita. Nell’autunno 1949 la Rectaflex è in mostra anche al Salone della Tecnica Torino. In quell’occasione la Rectaflex annuncia l’apertura di un punto vendita a New York, la partnership con la Phototecnic Equipment per il mercato inglese e quella con la Eshmann per la Svizzera.
Succede così che tutte le Duemila prodotte trovano collocazione sul mercato e la Rectaflex rimane a magazzini vuoti. Si inizia immediatamente a produrre la terza serie, la 3000, peraltro identica alla Duemila con la sola novità del nuovo pentaprisma a doppia faccia convessa (quella della base e quella posteriore), che migliora la luminosità e porta l’ingrandimento a due volte e mezza. La Rectaflex si avvia a diventare la macchina perfetta che Corsi sogna.
Dal 1950 l’Italia sorride e Telemaco Corsi – nel doppio ruolo di amministratore e progettista capo della Rectaflex – è un vulcano di inventiva. Colloca i collaboratori più capaci e fidati nei punti chiave dell’azienda: all’ingegner Angelino Eleuteri affida la riorganizzazione dei reparti Produzione e Montaggio, ottenendone una vistosa riduzione dei tempi; i progettisti Emilio Palamidessi, Alfredo Ferrari e Giulio Fabricatore lo affiancano nel Laboratorio di ricerca. Con quest’ultimo, il 9 marzo 1950, Corsi brevetta la preselezione manuale, che supera i problemi della perdita di luminosità provocata dalla chiusura del diaframma. L’avvocato ha così mano libera per dedicarsi allo smercio e sanare le diffidenze degli azionisti, che chiedono in questo periodo di rientrare dell’investimento iniziale e orientare la vendita al mercato italiano. La Rectaflex, pur essendo l’unica prismatica sul mercato domestico, costa 110.000 lire: un capitale! Corsi affida all’ingegner Giorgio Marini quella che oggi chiameremmo una aggressiva campagna di marketing, basata sulla diffusione di opuscoli comparativi con la concorrenza.
Un aneddoto vuole che sia stato proprio il pragmatico ma fedele ingegner Marini a mettere Corsi sull’avviso circa l’intenzione degli azionisti di relegarlo all’angolo: la Rectaflex somiglia sempre più a un istituto scientifico e Corsi fa continue sperimentazioni e cambiamenti di rotta, che appaiono incomprensibili agli investitori. Corsi deve insomma scegliere: può arrestare la sua corsa verso la perfezione e godersi utili e stima degli azionisti, o proseguire accettando le inevitabili conseguenze. Ma Corsi ha già scelto. Succede così che Corsi viene convocato dalla Direzione Cisa Viscosa, senza ulteriori spiegazioni. Si svolge un colloquio non facile in cui viene di fatto esonerato dalla direzione della linea produttiva della 3000, che viene affidata all’ingegner Eleuteri, che accetta con imbarazzo. In cambio a Corsi viene affidata una nuova serie sperimentale, che prenderà il nome di 4000. Sulla 4000 Corsi potrà adottare tutte le bizzarie che vuole, mentre la produzione della 3000 è da considerarsi blindata. Il modello 4000 non è quindi una quarta serie produttiva ma piuttosto una versione, parallela e sperimentale, della terza. Corsi non capisce ma si adegua, e si lancia a capofitto nella 4000: cambia l’anello di innesto delle ottiche, gli ingranaggi delle tendine, i leveraggi dei tempi lenti, e testa uno speciale stigmometro su vetro smerigliato. Sulle confezioni della 4000 compare la scritta Duofocus, in ragione del binomio tra visione reflex e il nuovo stigmometro. Corsi apprende amareggiato però che la Cisa ha contingentato la produzione della 4000: solo 500 esemplari e non di più.
Arriva l’appuntamento fieristico di Milano, edizione 1950. Per Corsi è la fiera dell’incubo. La Zeiss ha triplicato i modelli reflex: c’è la vecchia Contax, la nuova Contessa e il prisma esterno Exacta, in grado di trasformare una qualunque macchina tradizionale in una reflex. E ci sono altri due produttori tedeschi, Kilar e Tewe, che espongono macchine prismatiche. Per la Reflex gli affari vanno ancora discretamente: il pubblico osserva ammaliato la 4000 ma senza rendersene gran conto acquista la 3000. È possibile acquistarla ora in abbinamento con le ottiche di due produttori italiani, Filotecnica e Galileo, e una miriade di accessori. In quella fiera, in uno stand poco distante, c’è anche la società romana Gamma, di cui Corsi anni addietro è stato tra i fondatori. La Gamma rimane fedele al vecchio telemetro e produce modelli affidabili straordinariamente economici. Il Progresso fotografico spende parole di elogio per la “piccola grande fabbrica” Gamma, situata a soli 50 metri dalla Rectaflex: “La Gamma III è veramente perfetta e merita il successo che sta ottenendo. Il colmo è che è esportata perfino in Germania”.
Corsi dedica la prima parte del 1951 alla Junior, una serie cadetta destinata al mercato italiano. Nei magazzini giacevano un migliaio di macchine modello 1000, difettose nei tempi lenti e a suo tempo ritirate dal commercio. Corsi decide di dare loro una seconda vita, eliminando il ritardatore e dichiarando onestamente ai compratori che la Junior ha soltanto i tempi veloci. All’interno rimane il vecchio pentaprisma a facce piane, per cui la macchina ha una visione piuttosto chiusa e buia ma questo ai compratori italiani poco importa: la rectaflex è ora un sogno accessibile, al prezzo più che dimezzato di 65.000 lire (la 4000 costa in quel periodo 170.000 lire).
Nel frattempo Corsi lavora al telcrom, un dispositivo esterno per la messa a fuoco che consiste in uno schermo smerigliato a due sezioni: l’immagine rimane sdoppiata fino a quando l’ottica non raggiunge la messa a fuoco ideale. Col telcrom è ora impossibile sbagliare il fuoco di una foto, sebbene il suo utilizzo sia piuttosto macchinoso. Alla Fiera campionaria del 1951 il telcrom non appassiona il pubblico, e questo è quasi prevedibile. In compenso gli ordinativi per la 3000 e la Junior sono soddisfacenti. Anche quest’anno in uno stand vicino è presente la Gamma, che presenta la Perla, un’onesta macchina di fascia bassa con ottica fissa e otturatore centrale: il suo prezzo non conosce rivali.
Corsi decide a quel punto di saldare i conti con gli odiati rivali tedeschi, portando la 4000 – con un nuovo modernissimo corpo in alluminio – nella loro tana, la fiera campionaria della Germania, la Photokina di Colonia. Corsi riesce a piazzare con facilità tutti i pezzi, al punto che al Trullo i magazzini restano per la seconda volta sguarniti. Forte dei risultati ottenuti Corsi affronta la Direzione Cisa e ottiene di soppiantare la produzione della vecchia 3000 con la sperimentale 4000, che ormai ha raggiunto buoni livelli di affidabilità. Nasce così la quarta serie produttiva Rectaflex, che, anche per ribadire il distacco con le precedenti, prende il nome di 16000.
(articolo aggiornato il 3 Novembre 2022)