Nasce tutto dal fatto che, spontaneamente, si allineano cervello, occhio e cuore, tre modi di sentire e vedere il mondo diversi, che si combinano per un solo istante, in un solo istante.

Vedi una cosa che attrae il tuo sguardo e per qualche secondo rapisce la tua attenzione. Una cosa che magari sta dove non dovrebbe stare, e ti accorgi un attimo dopo che quella vista ti ha smosso un piccolo granello dell’anima. Ma questa cosa qui, in genere è già accaduta, quando realizzi che hai già scattato quella fotografia.

 

Hoek su AMA (San Lorenzo, Roma)

 

A volte accade che torni a casa e la guardi, quell’immagine, e ti accorgi che il soggetto vero della foto non è quello che pensavi, ma che la tua attenzione è stata attratta da altro, non immediatamente percepibile. A volte quindi scattare una foto, cogliere quell’attimo, si traduce nel bloccare quel qualcosa che altrimenti sarebbe andato perso per sempre. È una dimensione completamente personale. Quello scatto raccorda diverse parti del sé e non è nemmeno necessario poi renderlo pubblico, mostrarlo. Può anche rimanere uno scatto privato. Ne ho a tonnellate così. Muri fotografati e ri-fotografati nel tempo, ad esempio, che così raccontano una storia, la loro storia, che è unica e in un certo senso irripetibile.

 

Cartolina in JBRock (Outdoor Festival, Ex Dogana di San Lorenzo, Roma)

 

E poi invece a volte accade che non ci si può sottrarre. Il momento dello scatto finisce e si compie solo quando la fotografia trova una sua dimensione pubblica. Ma la dimensione pubblica non è necessaria per sentirsi bravi o migliori, è necessaria per sentirsi compiuti. Altrimenti si rischia di rimanere a metà. Questa più o meno è la storia di questo scatto. È il 25 aprile del 2014. Sto andando a San Lorenzo a manifestare per la Liberazione, alla mia maniera, lontano dalle parate ufficiali. Ho bisogno di intimità e vado a San Lorenzo dove al tradizionale percorso nel quartiere per raccontarne la storia, si è aggiunta Alicè, con alcune sue cose che scoprirò belle ed argute, come spesso sono le sue opere.

 

La Popolare, Alicè (San Lorenzo, Roma)

 

Dal finestrino del tram che da Piramide mi porta a San Lorenzo scorgo con la coda dell’occhio qualcosa che attrae la mia attenzione. Qualcosa che sta dove non dovrebbe stare. Qualcosa che fino al giorno prima là non c’era. Non riesco a focalizzare subito. La “visione” resta sfocata. So di aver visto, ma di non aver guardato. La sensazione di incompiutezza mi resta dentro tutto il tempo, tanto che al ritorno sebbene stanca ritorno a cercare più coscientemente la cosa che aveva impresso la mia retina in maniera inconsapevole. Eccola: la Divina Madre della Resistenza di Ex Voto. Inquadro e scatto insieme. Non c’è scissione tra i due momenti. Ma quando torno a casa so che il momento non è chiuso. Pubblico la foto perché è il 25 aprile e quella è la maniera migliore per completare il richiamo della memoria di una giornata che sempre più rischia di diventare una burletta. Più ci si allontana dal quel 25 aprile e più i contorni si sfumano. Più si perde il senso delle cose. Non solo storico ma anche sociale. Ci vuole una Divina Madre della Resistenza.

 

Divina Madre della Resistenza, Ex Voto (Piazzale Ostiense, Roma)

 

Verrò poi a sapere che la sera stessa, o forse già poche ore dopo il mio scatto, la Madonna non era più là. Resta la foto.

(articolo aggiornato il 10 Ottobre 2022)