Un donnaiolo impenitente che mette la testa a posto. Un gigante buono, destinato a diventare un santo. E un ragazzino viziato che da grande si rivelerà un saggio re. Sono le storie incrociate di tre uomini, che in comune hanno poco o nulla, tranne il fatto di vivere con intensità le loro passioni e, a un certo punto, a seguito di un imprevisto, di avervi saputo rinunciare.

Il “Casanova” delle rive del Tevere si chiama Lentulo Lentuli. Come dice il nome, Lentulo non ha fretta di aderire alle convenzioni sociali: è un inguaribile seduttore, fatalmente allergico all’idea di mettere su famiglia e avere marmocchi tra i piedi.

L’imprevisto arriva nel 1538, quando un’anziana e ricca vedova – tale Bernardina Rustici de’ Castellani – desiderosa di vederlo finalmente sistemato, chiama il notaio e fa testamento in suo favore, assegnandogli un terreno “con prato e grotticella” vicino Santa Passera. Lentulo ringrazia la benefattrice ma le augura una vita lunghissima; e soprattutto augura a se stesso che il giorno in cui smetterà di sudare per le avventure galanti, e incomincerà a sudare sui campi, non arrivi mai.

Nel frattempo, Lentulo lascia qua e là qualche figlio naturale. E Bernardina, contrariata più che mai, convoca di nuovo il notaio, per aggiungere una clausola al testamento: se Lentulo non avrà dei figli legittimi, il terreno alla Magliana non andrà più a lui ma alle pie arciconfraternite del Gonfalone e del Sancta Sanctorum. Le due opere di carità sono popolarissime a Roma: la prima conserva l’icona mariana della Salus populi Romani; la seconda detiene l’altra icona miracolosa, il Santissimo Salvatore alla Scala santa.

Bernardina spira poco dopo. E a quel punto Lentulo fa del suo meglio per adempiere le volontà della defunta: si sposa con Donna Gerolama De Nigris e comincia a lavorare il campicello. Anzi, ci prende proprio gusto: al punto che nel 1545 compra anche il vicino “prato al casale dei Doi torri”; poi il podere accanto; e infine un “canneto e vigna con casa, vasca e tino”. Attraverso acquisizioni successive Lentulo ha creato una nuova estesa proprietà fondiaria: la Tenuta Pian Due Torri.

Lentulo muore nel 1556. E poco dopo giungono a Pian Due Torri gli emissari delle pie arciconfraternite del Gonfalone e Sancta Sanctorum, che reclamano la tenuta. Già, perché l’ex-Casanova ha adempiuto una sola delle due condizioni imposte dalla Vedova Bernardina: sì, si è sposato; ma i figli legittimi non sono arrivati.

Il contenzioso al tribunale della Sacra Rota, ricostruito dalla studiosa Carla Benocci, si trascina per nove anni e finisce con una sentenza che tutto sommato accontenta tutti. La tenuta viene frazionata in tre quote di proprietà indivisa, come in una moderna società per azioni: il 33% rimane a Donna Girolama, garantendole una serena vecchiaia; le restanti quote vanno al Gonfalone e Sancta Sanctorum, che da allora, come “soci di maggioranza”, prendono in mano la conduzione della tenuta. Le pie arciconfraternite rimarranno alla Magliana per tre secoli, fino al 1839.

In quegli stessi anni al Castello della Magliana arriva un nuovo illustre inquilino: Papa Pio IV Medici (1559-1565). Tra un affare di Stato e l’altro – il pontefice deve portare a termine la Controriforma per arginare lo scisma luterano – Pio IV non disdegna di “andare alla Magliana a spazzo” (a spasso) e abbellire il castello con una fontana.

Un suo parente toscano, Cosimo de’ Medici signore di Firenze, viene spesso a fargli visita, con al seguito la numerosa figliolanza. Alla Magliana risuonano le voci festanti dei bambini, gli squilli di corno della caccia, gli zoccoli dei cavalli al galoppo. Una grande battuta venatoria si tiene nel novembre 1561.

Della chiassosa comitiva fa parte anche un ragazzone silenzioso, il ventiquattrenne Carlo, rampollo della famiglia lombarda dei Borromeo. Carlo si muove goffamente, per via della corporatura da gigante. Ha una forza erculea e porta una barba folta da far paura. Eppure Carlo ha un animo profondamente mite: vive in ascetica povertà e digiuno. È un pesce fuor d’acqua, nella torbida Roma rinascimentale. Dal 1562 Papa Pio IV lo ha reso cardinale affidatario della Magliana.

Nel 1566 Carlo il gigante lascia la quiete della Magliana, per una missione imprevista: andare a guidare la turbolenta Arcidiocesi di Milano. Carlo inciderà profondamente nella vita morale dei milanesi, finendo per incarnare l’essenza stessa di quella città: tra duro lavoro, ascesi spirituale e grandi opere di carità. Nel 1610 Carlo Borromeo sarà proclamato santo.

Il terzo personaggio della nostra storia è uno dei figlioletti di Cosimo de’ Medici, Ferdinando (1549-1609). All’epoca delle scampagnate campestri con lo zio papa, Ferdinando è un moccioso viziato di appena dodici anni; quando vi fa ritorno nel 1571, ne ha dieci di più e la stessa immutata passione per le battute di caccia. E nel mentre, lo zio papa lo ha nominato cardinale. Rimarrà alla Magliana come affittuario per 16 anni, fino al 1587.

Ferdinando vuole far sua la Magliana per sempre, al punto che intreccia con le proprietarie, le monache di Santa Cecilia, una serrata trattativa per acquistarla. Le monache hanno capito che il rampollo dei Medici è disposto a spendere molto: ogni volta che Ferdinando rialza l’offerta, le monache rilanciano. Ferdinando non riuscirà mai a comprare la tenuta.

Eppure è convinto di riuscirci, e da semplice affittuario comincia a fare migliorie a rotta di collo, come se la tenuta fosse già sua. Realizza una stanza-gioiello per il pontefice Gregorio XIII Boncompagni (1572-1585), che è solito accompagnarlo a caccia. Nelle stanze degli ospiti colloca arazzi, argenteria e quadri commissionati appositamente, come il Cristo alla colonna di Alessandro Alberti (1576). Interviene anche sul salone delle Muse, dove aggiusta il tetto e restaura gli affreschi. Il programma del giovane Medici è chiarissimo: riportare la Magliana ai fasti del suo avo, Papa Leone.

Ferdinando, per rendere più interessanti le battute di caccia, acquista numerosi animali selvatici. Fa scavare una peschiera e la riempie di pregiate specie ittiche. Realizza persino una “ragnaia”, una speciale trappola di reti per gli uccelli, sospese tra gli alberi.

Nel 1587 accade l’imprevisto che gli cambia la vita. Muore improvvisamente il fratello maggiore Francesco, granduca di Firenze. E la vita del cardinale-cacciatore cambia. Compie una scelta necessaria: lascia la porpora e la Magliana, per afferrare le redini della casata dei Medici, assicurando un erede al trono di Firenze. Avrà nove figli e sarà ricordato come uno tra i sovrani fiorentini più saggi e lungimiranti.


(articolo aggiornato il 5 Luglio 2023)