Oggi mi perdo tra i vicoli di uno dei rioni più vivi di Roma, Trastevere, in cerca delle storie dei Romanisti.

Il nome deriva da Trans Tiberim, “Oltre Tevere”, e basta mettere piede al di là del fiume per capire che Trastevere non è solo un luogo fisico, ma una delle cento città che compongono Roma. Il filo conduttore del mio viaggio è la stratificazione: in pochi passi convivono architettura imponente, arte, vita quotidiana e storie popolari. Il percorso segue 9 tappe, tra memorie antiche e moderne.

❶ La prima tappa è la Ex Casa della GIL di largo Ascianghi, oggi “WeGIL”.

Impossibile non notarla: opera di Luigi Moretti, anni ’30, è razionalismo puro. Mi colpiscono subito i volumi geometrici: parallelepipedo, cilindro, la torre littoria che svetta per 30 metri, tutto in travertino. E dentro, lo scalone elicoidale è una meraviglia: simbolo del fluire. All’epoca era pensato come una “villa fucina”, un centro dove forgiare i giovani secondo l’ideologia fascista: sport, corsi, attività. Oggi, per fortuna, ha tutta un’altra vita: dopo anni di abbandono, ha riaperto nel 2017 come spazio per mostre, eventi, auditorium. Hanno persino restaurato il salone d’onore, riscoprendo un affresco di Mafai. Oggi è un centro culturale vivo, un ponte tra un passato complesso e un presente dinamico. È aperto dalle 10 alle 19, l’ingresso è gratuito per lo spazio, le mostre sono a pagamento. A mezzogiorno la luce è perfetta per ammirare la facciata.

❷ Proseguo verso un angolo più intimo: la Chiesa di Santa Margherita. Ed è qui che trovo la prima “strenna” di oggi.

Nascosta in una piazzetta tranquilla, la chiesa mostra la facciata barocca di Carlo Fontana, di fine Seicento, ma l’anima è medievale, del XIII secolo. Laura Gigli, ne “La terza ricostruzione della Chiesa dei Santi Margherita ed Emidio”, esplora le tre vite dell’edificio: la prima, voluta da Nicolò IV nel 1288, onorava santa Elisabetta d’Ungheria presso il porto fluviale; dopo la peste del 1656, Girolamo Gastaldi ne avviò il rifacimento nel 1678 in piazza Sant’Apollonia, affidandolo a Fontana. In mezzo però c’è un’altra storia, che affonda le radici nella Napoli cinquecentesca di Giulia Gonzaga, vedova di Vespasiano Colonna, che nel 1564 edificò la seconda chiesa. L’affresco absidale di Umile da Foligno (1680) celebra la Vergine e i santi francescani. L’interno, raccolto e a navata unica, custodisce opere barocche come la Santa Margherita di Giacinto Brandi e regala un raro silenzio.

La chiesa S. Margherita rifatta da Gastaldi

❸ Raggiungo il “salotto” del rione: la piazza con la basilica di Santa Maria in Trastevere.

Qui l’atmosfera cambia: l’aria è quasi da paese. Secondo la leggenda, nel III secolo qui sgorgò una fonte di olio miracoloso, la “Fons olei”, che preannunciava la venuta di Cristo e rese sacro questo luogo fin dall’antichità. La facciata, col profilo spezzato, è tipica delle chiese antiche; il campanile romanico del X secolo e il mosaico duecentesco con la Vergine dominano la piazza. Entro e resto colpito dalle navate: le colonne, di spoglio, provengono forse dalle Terme di Caracalla. E poi i mosaici dell’abside: Pietro Cavallini, 1294, Cristo tra i santi, un capolavoro per luce e volumi, proiettato avanti nel tempo. Sotto il portico barocco di Carlo Fontana (XVIII secolo) noto fregi paleocristiani. Curiosità: entrando a sinistra, la statua di Sant’Antonio è coperta di biglietti e foto, segno di devozione viva. La basilica è aperta dalle 7:30 alle 20:30.

❹ A pochi passi scopro il Museo di Roma in Trastevere.

Ha sede nell’ex monastero di Sant’Egidio ed è dedicato alla vita popolare romana tra Otto e Novecento. Foto, dipinti, stampe: qui ritrovo l’anima verace di Roma. Indimenticabile la mostra sui “Romanisti” del 2023. Ne parlano ben tre saggi nella Strenna di quell’anno: “Il Gruppo dei Romanisti in mostra” (Donato Tamblé); “I Romanisti. Cenacoli e vita artistica da Trastevere al Tridente” (Roberta Perfetti e Silvia Telmon); “Roma nel web” (Letizia Ceccarelli Apolloni e Marco Muccio). Tra l’osteria della Cisterna e la Sala Rossa del Caffè Greco, si snoda la storia del Gruppo dei Romanisti, confraternita intellettuale nata formalmente nel 1929 ma attiva dal primo dopoguerra. Artisti come Trilussa, Ettore Petrolini e Augusto Jandolo, con giornalisti, archeologi e antiquari, crearono un sodalizio che celebrava Roma con convivialità, poesia e studio. Il Museo di Roma in Trastevere ha reso omaggio a questo mondo con una mostra attesa da decenni.

Il Museo di Trastevere celebra i Romanisti

❺ Rimango al Museo di Roma per parlare della Stanza di Trilussa, uno spazio multimediale con oggetti, filmati e letture delle sue poesie: un omaggio al poeta che meglio ha cantato la romanità.

Il Museo ha promosso un incontro su Trilussa, a fine 2023, da un’idea di Carolina Marconi, da cui è nato il saggio “Trilussa giornalista” (2024). L’autrice ripercorre l’attività di Trilussa come giornalista satirico: dai sonetti sul “Messaggero” nel 1892, agli esordi al Rugantino di Giggi Zanazzo nel 1891, passando per Don Chisciotte e il Travaso delle idee. Protagonisti come Adolfo Giaquinto e Alfredo Testoni, insieme a locali come il Caffè Aragno, si intrecciano con la cronaca politica e culturale della Roma del primo Novecento. Il saggio evidenzia anche il rapporto di Trilussa con la censura, la satira pungente e le traduzioni internazionali, fino al controverso atteggiamento verso il fascismo nel 1922. Un viaggio nell’arte di un poeta che trasformò vie e piazze di Roma, da Piazza Venezia al Teatro Argentina, in palcoscenici di ironia e denuncia.

Trastevere omaggia la satira di Trilussa

❻ Attraverso via della Lungara e arrivo alla Villa Farnesina, un gioiello del Rinascimento che sembra quasi fuori posto, così elegante in mezzo a Trastevere.

La volle Agostino Chigi, ricchissimo banchiere, come villa suburbana per feste grandiose. Siamo all’inizio del Cinquecento, l’architetto è Baldassarre Peruzzi. La pianta a ferro di cavallo si apriva su un giardino che, con i muraglioni sul Tevere costruiti nell’Ottocento, fu ridotto. Entro e mi perdo negli affreschi: Raffaello firma la Sala di Galatea, 1512: pura meraviglia, sembra viva. Poi la Loggia di Amore e Psiche, sempre di Raffaello e bottega: festoni di frutta, fiori, illusioni ottiche che si fondono col giardino. È un inno alla natura, alla bellezza, alla gioia di vivere. Non mancano opere di Sebastiano del Piombo e del Sodoma. Oggi la Farnesina ospita l’Accademia dei Lincei e il Gabinetto Nazionale delle Stampe, ma resta visitabile: lun-sab 9-14, €6. La seconda domenica del mese è gratis e chiude alle 17. Meglio andarci la mattina presto, e nei feriali c’è meno folla.

❼ Salgo sul Gianicolo e mi fermo a Sant’Onofrio.

Un luogo pieno di memorie. Qui visse gli ultimi giorni Torquato Tasso, ma mi soffermo sulla storia della famiglia Madruzzo. Ne parla Carla Benocci ne “I cardinali Madruzzo e l’architetto Alberto Martini nel complesso dei Girolamini di S. Onofrio al Gianicolo intorno al 1600” (2024). Il saggio ricostruisce con straordinaria precisione il legame tra tre generazioni dei Madruzzo e il complesso del Sant’Onofrio, tra la seconda metà del Cinquecento e i primi anni del Seicento. Cristoforo, Ludovico e Carlo Gaudenzio Madruzzo guidarono un progetto religioso, architettonico e simbolico, culminato nella costruzione e decorazione della cappella familiare, rinnovata tra il 1601 e il 1605. Al centro vi è l’architetto romano Alberto Martini, attivo anche nei lavori alla salita di S. Onofrio e nel chiostro quattrocentesco. Il saggio rivela un raffinato programma iconografico, ricco di allusioni vegetali e bibliche, che lega i Madruzzo alla riforma della Chiesa e al culto mariano.

A Sant’Onofrio con Ludovico Madruzzo

❽ Rimango ancora a Sant’Onofrio e, nel chiostro, mi soffermo sulla lapide che ricorda Alessandro Guidi.

Nel suo saggio del 2024, Maurizio Campanelli traccia un vivido ritratto di questo poeta arcadico di fine Seicento. Il testo parte da Sant’Onofrio, luogo di sepoltura del Guidi, e si snoda tra luoghi simbolici come il Quirinale, il Palatino e il Colosseo, attraversando la geografia dell’Urbe. Campanelli racconta l’arrivo di Guidi a Roma nel 1683, il legame con Cristina di Svezia a Palazzo Riario, la consacrazione all’Arcadia nel Bosco Parrasio e la sua attività a Palazzo Farnese. Figura di passaggio tra Barocco e Arcadia, Guidi si afferma come voce nuova con versi che celebrano Roma come “alma Città di Marte”, simbolo di eternità. Campanelli evidenzia il suo ruolo nel rinnovamento della canzone pindarica e nell’idea di una Roma pacificata, riflessa nei versi per l’Arcadia. Il saggio si intitola “M’accesi di veder l’onda latina cantare Roma. Tra estro pindarico e spirito arcadico”. Sant’Onofrio è ad accesso limitato, ma merita.

Alessandro Guidi e l’Arcadia a Sant’Onofrio

❾ Ridiscendo verso il fiume, verso un Trastevere contemporaneo. Sul muraglione vicino alla Farnesina incontro Triumphs and Laments, il murale di William Kentridge.

È un fregio di 500 metri lungo l’argine del Tevere, sul muraglione di travertino. Impressionante. La tecnica è geniale: non è pittura ma è un “reverse graffiti”. Kentridge ha ripulito lo “sporco biologico” dal travertino, così le figure emergono dal contrasto tra pulito e patina. Le sagome sono potenti: miti, storia, tragedie e trionfi di Roma. Remo con la lupa, Pasolini, figure diversissime: un archivio visivo della memoria collettiva. Ma la cosa più toccante è che è destinato a svanire: per la pioggia, l’inquinamento, il tempo. La patina ritorna e le figure scompaiono. È un’opera “effimera” sul tempo, sulla memoria che si dissolve. Di giorno si vede bene il contrasto, ma al tramonto, con la luce radente, diventa malinconico, suggestivo.

Ripenso a come Trastevere tenga insieme sacro e profano: dal razionalismo dell’ex GIL alla fede millenaria di Santa Maria; dallo splendore rinascimentale della Farnesina all’arte effimera che si affida al tempo. In poco spazio Trastevere mostra mille volti e dialoghi infiniti. Prima di andare via, torno alla domanda di Kentridge: sotto la patina, cosa resta per davvero? Passeggiando tra i sampietrini penso a quanta storia tocchiamo e ignoriamo. Eppure, Trastevere resta: vivo, contraddittorio, vero. Trastevere non si visita: si abita, si respira, si sogna.