Ci spostiamo ora di pochissimo. A bordo Tevere e incontriamo un rudere solitario, chiamato popolarmente il Trullo. È un sepolcro circolare dalla cupola conica, simile ai trulli pugliesi, oggi privo delle lastre di marmo che un tempo lo ricoprivano.

La storia di quei marmi si viene a conoscere nel 1951, quando una draga in navigazione sul Tevere urta un relitto navale, proprio davanti al sepolcro. I sommozzatori si calano sul fondale e scoprono una meraviglia: i marmi sono ancora tutti lì.

A poco a poco si svela la dinamica di un naufragio. È “li 23 de gennaro 1462”. Due razziatori, tali Mastro Cencio e Mastro Petro, venuti “a cavar marmi a lo Trullo”, sono intenti a imbarcare il prezioso bottino, per condurlo a Roma via Tevere. Il trasportatore Mastro Silvestro inizia “la tiratura co’ suoi bufali da esso Trullo a esso fiume”. Poco dopo però, per il peso eccessivo, la barca cola a picco.

Un trentennio dopo le studiose Rita Paris e Patrizia Sabbatini-Tumolesi esaminano i marmi e ricostruiscono un’altra parte della storia. Un bassorilievo raffigura la lotta tra un gladiatore della classe dei provocatores e il suo avversario. L’equipaggiamento – corta arma da taglio, scudo rettangolare e un particolare elmo con paratempie – colloca il combattimento intorno al 70 a.C. L’epigrafe, tra le più brevi e curiose della letteratura latina, rivela il nome del vincitore in appena quattro lettere: “IUL W”.

Le lettere IUL compongono il nome abbreviato del gladiatore Iulius. Ma l’ultimo carattere – la W – è un autentico rompicapo, perché questa lettera anglosassone sarà introdotta solo nell’Alto Medioevo. L’enigma si risolve sostituendo il monogramma W con due distinte lettere V: la prima V sta a indicare il numero romano cinque (quinquies); la seconda indica l’esito vittorioso (vicit). Ovvero: Iulius, vincitore di cinque incontri.

Riportare sull’arena cinque successi di fila è un evento memorabile, come un moderno grande slam. Ancora oggi gli sportivi, con un gesto caratteristico, sono soliti comporre con le dita di una mano la lettera V, dopo aver vinto un match; e con due mani la W, quando si laureano campioni dell’intero torneo.

Nella tomba, tuttavia, avremmo anche potuto trovare simboli diversi: la ʍ di missus (graziato) per un’onorevole sconfitta; o la O di obiit (defunto) per un tragico finale di carriera.

Non sappiamo come sia finita la carriera del gladiatore della Magliana. Forse il sesto incontro gli è risultato fatale. Oppure no: conseguito il quinto successo, Iulius ha salutato la folla acclamante congedandosi dall’arena, per entrare nel novero degli invicti, i lottatori che non conoscono la sconfitta.


(articolo aggiornato il 10 Maggio 2023)