Il principino Camillo Rospigliosi (1714-1763) è una delle figure più eccentriche del Settecento romano. Parrucca incipriata e stravaganza nel vestire, il nobile Camillo non è tenuto a conformarsi alle mode. Anzi, le precede o le inventa lui stesso; come quando, ad appena 23 anni e all’apice della popolarità nei salotti mondani, si fa ritrarre dal pittore Agostino Massucci in frac rosso con galloni d’oro, in sella a un cavallo bianco.

Quadri e quadrupedi, in effetti, sono una passione di famiglia. Anni prima un altro pittore, il fiammingo Christiaan Reuder, ha effigiato suo padre Don Clemente Rospigliosi nel celebre dipinto la Compera dei cavalli.

Reuder vive a Roma e ha otto figli, uno dei quali si chiama Johan. Johan ha un carattere ingenuo. Da anni suo padre prova senza successo a trasmettergli i segreti del mestiere, ma niente da fare! Johan disegna linee irrimediabilmente infantili. Fa figure umane simili a pupazzi, confonde i piani e sbaglia le prospettive. In compenso però, le sue “bambocciate” sono vivaci e luminose scene di vita popolare. Sono naïf, coloratissime, in grado di strappare il sorriso!

Il genitore propone a Don Clemente di accogliere Johan a Palazzo Rospigliosi, facendone il pittore di famiglia. All’occorrenza può fare anche da scudiero e servitore, si accontenta di poco. Da quel momento, Johan seguirà Camillo come un’ombra, una presenza discreta e protettiva.

Tanto più che il principino da solo non sa fare nulla! È svogliato negli studi e difetta di qualsiasi abilità pratica; è impacciato di fronte alla bellezza femminile. Non gli importa di nulla e di nessuno, a parte se stesso e i cavalli!

La morte del padre, però, lo mette di fronte alla sua irrisolutezza. La paura lo assale.

Il principino non ne vuole sapere di diventare il capofamiglia, di essere chiamato Sua grazia il Principe, di prendersi cura di fondi agricoli e affari. Affinché la cosa sia chiara, convoca dal notaio il fratello minore Giovan Battista. Spetterà a lui continuare la casata, ereditare titolo e feudi. Camillo si accontenta di molto meno. Gli basta poter usare a piacimento la tenuta di famiglia al Campo Salino, estesa dalla Magliana a Maccarese. E ovviamente, chiede anche un congruo appannaggio, per feste, giochi e compera di nuovi cavalli. Camillo piagnucola, punta il piedino in ghette di seta e lo batte ritmicamente a terra. Reclama il suo diritto di vivere come un infante.

Campo Salino è una landa piatta e desolata, battuta dal vento, inadatta all’agricoltura per le infiltrazioni di acqua salata. Centinaia di cavalli vi corrono allo stato brado, abbeverandosi dalle acque di un lago salmastro, lo Stagno maggiore.

Nelle scuderie di Maccarese il principe diventa un appassionato allevatore di razze equine, campioni da corsa dalle nobili genealogie. Le cavalle Gelsomina, Capriola e Polledruccia, o i destrieri Bicchierino, Leggiadro e Brigliadoro, finiscono immortalati nei ritratti di Johan. Tra tutti però, il preferito di Rospigliosi è Aquilino. Reuder lo ritrae nel 1747. Rospigliosi compone per il suo destriero versi sguaiati. “Questo è Aquilino, figlio del vento!”.

Il resto del tempo Rospigliosi lo passa organizzando feste e svaghi anticonformisti, scherzi goliardici e capricci esplosivi. Il principe ha la mania di concludere i ricevimenti con fragorosi fuochi d’artificio.

Rospigliosi non può e non vuole uscire da quel mondo di balocchi. Si mischia ai popolani in celebri partite al “giuoco del pallone”. Inventa lui stesso competizioni sportive e palii. Compilerà per vent’anni un diario segreto, intitolato Vinte e perse, dove alterna la gioia per le vittorie allo sconforto di non arrivare al traguardo, o peggio ancora: arrivarvi, ma per secondo.

Sono i giochi che portano Camillo Rospigliosi al Castello della Magliana. Il principe intende riportare in auge uno spettacolo ancestrale e cruento: la tauromachia. La lotta tra uomo e toro. Una corrida nostrana, che ribattezza “giostra della vaccina”.

L’arena è la piazza d’armi del castello, con le mura del Sangallo a fare da recinto. La tribuna è la Loggia del Bramante. Nelle campagne della Magliana Rospigliosi recluta giovanotti baldanzosi, disposti a sfidare il bovino imbizzarrito.

E lo spettacolo della tauromachia inizia. Il castello brulica di ospiti. È il 15 settembre 1748.

Per l’occasione, Johan realizza un quadretto dalle prospettive insolitamente azzeccate: la Giostra dei tori alla Magliana.

Sotto un cielo di cobalto, al centro della piazza d’armi, dipinge un maestoso toro bianco, che giace a terra ferito e azzannato dai cani. A furia di dipingere animali, Johan adesso è persino diventato bravo! Sulla destra, un contadinotto agita il drappo, invitando la povera bestia a rialzarsi, mentre un nobile a cavallo si avvicina brandendo una picca, pronto a sferrare il colpo di grazia. Altre figurette riempiono la scena: chi corre; chi si nasconde; gli orchestranti soffiano nelle trombe per dare pathos all’azione.

Un secondo dipinto di grandi dimensioni sarà il capolavoro di Reuder. Si intitola Festa del principe Rospigliosi alla Villa della Magliana.

È ricchissimo di dettagli e vi si muovono non meno di cento personaggi. Il quadro segue lo schema della bambocciata: un’unica composizione pittorica racchiude per scenette le varie fasi della festa. La parte destra è occupata dalla giostra della vaccina: il drappo rosso, i cani, i cavalieri e gli ardimentosi campagnoli. Con un finale a sorpresa… la calca dei nobili messi in fuga dalla furibonda carica del bovino! Già, perché quel giorno a vincere la giostra non sono gli uomini, ma il toro!

Nella parte sinistra del quadro c’è l’impalcatura a torre per il lancio dei mortaretti esplosivi. Affacciato a una finestra compare lo stesso Rospigliosi, intento a lanciare la colombina che darà fuoco alle polveri. Sotto, un’orchestrina anima le danze. I bottai fanno scorrere il vino.

Ma è la scenetta superiore quella più interessante. Raffigura la “gran carriera”. Un galoppo a folle velocità, cui fa da sfondo la cinta merlata del castello. Il rettilineo di via della Magliana diventa per l’occasione la pista della “corsa delli huomini a cavallo”.

Un solo quadro racchiude per scenette la vita intera di Don Camillo Rospigliosi. Rospigliosi è un adulto debosciato e puerile, ma è felice così! La sua esistenza è una giostra più veloce del vento, da cui è vietato scendere. Se solo si fermasse un momento, gli girerebbe il capo. Tornerebbero ad assalirlo la paura e il pianto.

Alla Magliana, intanto, il vento è cambiato.


(articolo aggiornato il 28 Ottobre 2022)