Diocleziano si ricorda soprattutto per la mattanza dei cristiani. Il Liber pontificalis afferma che il “bagno di sangue” miete fino a 17.000 vittime al mese, nella fase più cruenta della Grande persecuzione, dal 303 al 305. Si tratta di una cifra sicuramente esagerata, ma che ben misura il terrore percepito nella comunità cristiana.

Alla Magliana di vittime accertate ce ne sono cinque. Sono i fratelli Simplicio e Faustino (annegati), la loro sorella Viatrice, il presbitero Felice (decapitato) e un altro sconosciuto che patisce lo stesso supplizio. A questi si aggiungono il medico Abbas Kyros e il soldato Ioannis ― crocefissi in Egitto ma sepolti alla Magliana ― e il militare Rufiniano, sepolto anche lui alla Magliana.

Di questi otto martiri andiamo ora a conoscere le biografie e le testimonianze di fede.

I fratelli Simplicio e Faustino conoscono il martirio il 29 luglio del 303, per mano del soldato Rufiniano, che li getta da un ponte di pietra, facendoli affogare nel Tevere. Poco dopo anche una terza sorella, Viatrice (o Beatrice), testimonia la sua fede al prezzo della vita.

Le spoglie dei tre fratelli finiscono nella cava Ad Sextum Philippi, ora di proprietà della matrona Generosa, nel grande ipogeo riadattato in cripta martiriale.

E Generosa tiene per sé il piccolo arcosolio con il dipinto di Orfeo, che abbiamo già incontrato, modificato con pochi tratti pittorici fino a diventare l’icona cristiana del Buon Pastore. Sulla tunica è aggiunto un antichissimo simbolo solare, la crux gammata (卍), con a fianco la scritta “Pastor”. E la scena assume così un nuovo significato: la musica del flauto è la Parola di Dio, mentre Gesù Cristo è il Buon pastore, che ama e cura il suo gregge.

Anche il feroce Rufiniano, a quanto pare, è sepolto alla Magliana. Già, perché il carnefice, dopo aver conosciuto il coraggio delle sue vittime, si converte a sua volta al cristianesimo: viene denunciato e muore anche lui. “Il sangue dei martiri genera nuovi martiri”, scrive il filosofo Tertulliano.

Con l’arrivo dei martiri la cava si trasforma in un sepolcreto cristiano, con il nome di Cœmeterium Generoses, catacombe di Generosa.

Ritorniamo allora dentro la cava Ad Sextum ed esploriamola con occhi diversi, gli occhi di un cristiano. Le gallerie hanno uno sviluppo di 2600 metri quadrati, su un unico livello. I defunti sono tumulati in orizzontale, in tre o quattro file di loculi. Le salme sono prive di corredo funerario: nessuna moneta di Caronte, nessun gioiello o ricordo personale. Nelle catacombe i corpi dei cristiani dormono, in attesa della Resurrezione della carne: i beni materiali non servono.

I loculi sono chiusi con grandi tavelloni di terracotta, senza l’incisione col nome defunto: “Dio conosce il nome di ogni uomo”, ricorda Emilio Venditti, decano degli studiosi del territorio portuense, nel suo libro Le catacombe di Generosa alla Magliana. E del resto, tra gli umili abitanti della Magliana, nessuno o quasi sa leggere. L’esigenza pratica di riconoscere la tomba di un congiunto è assolta dai graffiti mnemonici: asticelle, cerchietti e sassolini pressati nella malta.

Nella catacomba, tuttavia, è presente una galleria con epigrafi in greco: nella comunità grecofona della Magliana evidentemente c’è una sommaria alfabetizzazione. Altre lettere greche sono incise in tutta la catacomba, con un significato simbolico: l’Alpha (Α) e l’Omega (Ω) simboleggiano Dio, inizio e fine di tutto (“Ego sum alpha et omega, principium et finis”, Apocalisse 1,8). E le lettere sovrapposte Chi e Rho (☧) sono il monogramma di Cristo. L’ultima galleria è il Cimitero degli infanti, con piccolissimi loculi per la sepoltura dei bambini. La mortalità infantile è elevatissima.


(articolo aggiornato il 26 Giugno 2023)