Un tempo primordiale, tra erbivori giganti e ominidi cacciatori

A bordo del fiume è possibile incontrare le species antiquæ del Pleistocene medio-inferiore, l’ultima fauna preistorica prima dell’affermazione di quella attuale. Si tratta di grandi bestioni, assai simili nell’aspetto agli animali di oggi, ma di dimensioni maggiori.

Tra questi la fa da padrone il megaloceronte (Megaloceros Savini), un cervo gigante alto due metri al garrese e dotato di un maestoso palco di corna ramificate, che raggiunge i tre-quattro metri di ampiezza.

Il megaloceronte condivide gli spazi con un altro cervide più piccolo, il progenitore del moderno daino (Dama nestii eurygonos). Le loro ossa fossili vengono riconosciute nel 1986 da due paleontologi, Carmelo Petronio e Lucia Barbato-Capasso, in una cava della zona: la Cava Alibrandi.

Insieme al megaloceronte incontriamo altri giganti: l’uro (Bos primigenius), antenato dei bovini domestici; l’Elephas antiquus, progenitore dell’elefante asiatico; l’Hippopotamus (ippopotamo di fiume) e l’Equus altidens, un equide arcaico molto più simile a un asino che a un cavallo domestico.

La presenza di una fauna amante dell’acqua ci conferma, dunque, un clima temperato-caldo, con foreste lussureggianti intervallate da specchi lacustri collegati a corsi d’acqua, oppure stagni fangosi dalle deboli correnti. Qua e là non mancano spazi aperti e praterie dai caratteri di steppa, dove gli equini possono lanciarsi al galoppo.

Tutti questi animali preistorici hanno una caratteristica comune: sono miti erbivori al vertice della catena alimentare, privi di nemici nel mondo animale. Non c’è nulla che li impensierisca.

Ma in comune hanno anche una debolezza: nessuno di loro – tartaruga a parte – sa nuotare. L’impetuoso canyon del Paleo-Tevere costituisce un limite insormontabile. Non deve essere infrequente dunque vedere i mammiferi concentrati in grandi branchi, nel cul de sac tra la costa e la riva destra del fiume. Loro non lo sanno, ma si sono cacciati in un bel guaio: una trappola senza vie d’uscita. È a questo punto infatti che fa ingresso un nuovo predatore, il più temibile di tutti: piccolo, organizzato e prevalentemente carnivoro. È l’Homo Sapiens. La stagione della caccia è aperta.

Le comunità di Homo Sapiens sono di ridotte dimensioni (venti-trenta individui), poco strutturate dal punto di vista sociale e tipicamente nomadi. Sono cacciatori-raccoglitori e praticano un’economia di sussistenza: prendono dove capita i frutti spontanei e i cereali selvatici e si spostano tallonando passo passo i branchi di mammiferi. Aspettano che uno di loro compia un passo falso, distaccandosi dalla protezione del branco.


(articolo aggiornato il 25 Aprile 2023)