Papa Leone non si è curato di preparare la sua successione. Morto un papa se ne fa sempre un altro, e a Leone non interessava di conoscerne in anticipo il nome.

Questa distrazione sarà all’origine di parecchi problemi. Nei sei anni a venire, infatti, il soglio di Pietro rimarrà vacante per ben tre volte. Eppure, da questo tempo incerto, emergerà alla Magliana un nuovo potentato: quello della famiglia Mattei.

I Mattei sono una famiglia trasteverina di antichissima origine, che dal 1271 detiene un titolo impegnativo: i Mattei sono “guardiani perpetui dei ponti e delle ripe dell’alma città di Roma in Sede apostolica vacante”. Questo titolo impone al capofamiglia dei Mattei – “una volta ogni morte di papa” – di reclutare cento contadini e di vestirli con una giubba scarlatta: i cento soldati rossi dei Mattei custodiranno le vie d’accesso al Vaticano, per assicurare al conclave uno svolgimento ordinato e tranquillo.

Nel delicato intermezzo che segue la morte di Papa Leone, il capofamiglia è Ciriaco Mattei. Già conservatore dell’Urbe – una sorta di sindaco cittadino – Ciriaco riesce con la sua autorevolezza ad assicurare una transizione morbida verso l’austero regno di Adriano VI, che proverà senza successo a ricucire lo scisma luterano.

In quel periodo i Mattei sono all’apice della potenza economica. I loro interessi spaziano dai commerci alle banche, fino al collezionismo d’arte. Ma il vero business familiare è nell’avviare tutti i figli maschi alla carriera ecclesiastica e farli diventare cardinali e grandi elettori del conclave. Quando muore un papa, Roma piange: i Mattei invece fanno festa, perché nel mercato del conclave i battitori d’asta sono loro!

Il pontificato di Adriano VI è breve: nel settembre 1523 i cento soldati rossi di Ciriaco Mattei sono chiamati di nuovo in servizio.

Nell’asta del nuovo conclave dominano i Medici, che esprimono entrambi i papabili. C’è un candidato di continuità, Franciotto Orsini cugino di Papa Leone, che intende risolvere lo scisma luterano semplicemente ignorandolo; e c’è un candidato di rottura, un altro cugino di Papa Leone: Giulio Zanobi de’ Medici. Lunga barba nera e sguardo accigliato, Giulio de’ Medici intende chiudere la disputa religiosa con le armi in pugno, muovendo guerra all’Impero tedesco, con l’aiuto dei francesi. Il suo progetto è così folle che i cardinali lo scelgono. Da papa, Giulio de’ Medici si fa chiamare Clemente VII. Anche se clemente non lo sarà affatto.

Le sue alleanze e strategie militari si rivelano disastrose. Al punto che l’imperatore tedesco Carlo V d’Asburgo contrattacca, e invia un esercito in Italia. A Roma, già dal marzo 1527, nessuno è più al sicuro. Alla spicciolata i porporati si rifugiano nelle tenute di campagna. Franciotto Orsini, neanche a dirlo, si accaparra il castello della Magliana.

All’alba del 6 maggio le truppe imperiali attaccano Roma. Il compito di entrare nella Città santa è affidato a un esercito secondario, una soldataglia irregolare di contadini di fede luterana: i Landsknecht, i lanzichenecchi. Le soldataglie danno sfogo alle più basse aspettative. Distruggono tutto ciò che non è possibile razziare.

Al sicuro nella rocca di Castel Sant’Angelo, Papa Clemente manda a chiamare i cardinali più fidati, per averli accanto a sé nel momento più difficile: fra i convocati c’è anche Franciotto, che – un po’ per temerarietà, un po’ per vincolo familiare – lascia la Magliana e raggiunge il cugino.

Un mese esatto dopo, Castel Sant’Angelo cade. È il 5 giugno 1527. Le cose si mettono molto male, perché Papa Clemente viene fatto prigioniero, e con lui anche Franciotto e altri quattro cardinali.

La sede vacante del 1527 sarà una delle più lunghe e complicate da gestire. Grazie ai buoni uffici del nuovo capofamiglia dei Mattei, Pietro Antonio Mattei, si delinea però una soluzione. Il Capitolo Vaticano (la banca della Santa Sede) pagherà un riscatto, per la liberazione di Papa Clemente.

La prima rata viene pagata il 16 dicembre: 100.000 ducati uno sopra l’altro e Papa Clemente viene rilasciato. Da lì a tre mesi dovranno essere pagate altre tre rate e solo allora i lanzichenecchi torneranno in Germania; e anche Franciotto, rimasto a fare da ostaggio, tornerà libero.

Gli altri 300.000 ducati si trovano con una grandiosa operazione finanziaria: la “liquidazione forzata” – cioè la vendita – delle tenute ecclesiastiche dell’Agro romano. Le famiglie nobili di Roma sono chiamate ad acquistarle, con slancio e in contanti, dando prova di patriottismo.

Pietro Antonio Mattei fa la sua parte e a quel punto reclama per sé la più bella delle tenute – la Magliana! –, su cui però hanno messo gli occhi anche i Medici. L’accordo tra le due famiglie non è affatto facile da raggiungere. Alla fine, la tenuta viene divisa in due parti. Il castello e tutto ciò che si trova a sinistra di via della Magliana rimarrà nella disponibilità diretta del pontefice, Clemente Medici. Il resto della tenuta, fino all’attuale via della Pisana, viene comprato dai Mattei.

A ben vedere per i Mattei non si tratta di un affarone. È la parte più impervia e boscosa della tenuta, chiamata “la Casetta” per la presenza di un unico manufatto, una torre duecentesca con addossata una casupola. I Mattei si daranno da fare per abbellire il manufatto, che da allora cambia nome: diventa Casetta Mattei. Il toponimo sopravvive ancora oggi.

Le vicende familiari dei Mattei sono raccontate da Mauro Martini, nell’antologia Mirabili presenze.


(articolo aggiornato il 6 Luglio 2023)