Il fiume Tevere è inquieto: nei giorni 14, 15 e 16 dicembre 1937 si registra un costante stato di intumescenza, con piogge ininterrotte. L’indomani 17 dicembre, alle 9 di sera, il Tevere raggiunge il suo record storico: +16,90 metri sopra il livello di Ripetta.

In città per fortuna non si registrano grandi problemi: l’Isola Tiberina e le torrette di Ponte Milvio sono isolate, ma i Muraglioni piemontesi imbrigliano con successo il corso cittadino del Tevere. Funzionano. È dove finiscono i Muraglioni, all’altezza del ponte ferroviario di San Paolo (oggi Ponte di ferro), che incominciano i problemi.

L’opificio Molino Biondi, che fa pasta e farina, è invaso dal fiume già dal pomeriggio del 17 dicembre. Le cronache della Tribuna illustrata riportano che il Tevere invade la zona di Porta Portese. L’onda d’urto della piena travolge anche la basilica di San Paolo e sommerge i prati di Pietra Papa (l’attuale quartiere Marconi). Il mezzadro Tullio Chistè si trova lì e scampa a malapena dall’annegamento. Racconta: “Vicino l’attuale piazza della Radio c’è un negozio di tabacchi. Il negoziante non fa in tempo a salvare nulla. Ho visto francobolli che galleggiavano sull’acqua”.

La furia delle acque travolge anche le casupole del borghetto Santa Passera e si avvicina minacciosa all’Argine di Pian Due Torri. Bonelli, che ha buone entrature, ha ottenuto dal Genio civile l’invio di pompe aspiratrici, mentre la Milizia volontaria fascista rinforza l’Argine con sacchi di sabbia. L’Argine tiene, ma l’acqua passa comunque: Pian Due Torri comincia a coprirsi d’acqua. L’acqua arriva fino al terrapieno della ferrovia, che viene interrotta. Arrivano i vigili del fuoco a bordo di barconi, per recuperare i casellanti: riferiranno che tutta la linea ferroviaria è allagata fino a Ponte Galeria. Oltre, i barconi non si avventurano neppure, perché è un’unica continua distesa d’acqua fino al mare.

Il 18 dicembre i barconi traggono in salvo alla Magliana 15 famiglie che vivono in casali isolati. In serata si viene a sapere che in tutta Roma gli sfollati sono già 350. Croce Rossa e gruppi rionali fascisti distribuiscono coperte e abiti, latte, pane, pasta e razioni di carne in scatola. Dal quel 18 dicembre, tuttavia, la stampa di regime mette tutto sotto silenzio. Sarà impossibile conoscere il numero delle vittime della tragedia.

La piena eccezionale del 1937 adesso è acqua passata. Nella tenuta Pian Due Torri restano il fango e tutto il senso della precarietà di vivere sette metri sotto l’Argine. I familiari cercano di convincere il patriarca Bonelli ad abbandonare la sua insensata lotta contro il Tevere, che non potrà mai vincere: Pian Due Torri non sarà mai in completa sicurezza idraulica.

Il fiume ha vinto, Bonelli ha perso. Ma il vecchio ingegnere non alza bandiera bianca; anzi, tenta il colpo di coda. Scioglie la sua società anonima Agit e fonda la società in nome collettivo Nuova Git, per far entrare capitali freschi e nuovo slancio nella compagine sociale, anche a costo di rinunciare a un po’ di potere.

Anche le autorità ministeriali, dopo la piena eccezionale, riconsiderano il progetto di realizzare una diga a paratie mobili all’altezza di Mezzocammino. Al suo posto, nel luglio 1938, l’Ufficio Tevere approva il progetto predisposto dalla Società anonima Tudini & Talenti, per congiungere le due sponde del fiume con un lunghissimo ponte a 15 campate su piloni: il Ponte dell’Aeronautica, oggi Ponte di Mezzocammino.

Non è mai stato realizzato sul Tevere un ponte così lungo: 362,5 metri. Le cinque campate centrali sono interamente in acqua e misurano 34 metri ciascuna. La campata centrale è apribile, per il transito dei vaporetti. Le altre dieci campate, più piccole, ancorano il ponte alla golena e alla terraferma. Le travate dell’impalcato impiegano innovativi giunti in acciaio inox. Sopra il ponte corre una carreggiata di servizio: la Circonvallazione meridionale, di cui avremo modo di riparlare a breve.

Da novembre riprendono i lavori per lo scavo del Drizzagno; così come vanno avanti anche i lavori per l’Idroporto, mentre le piste per gli aerei sono rimandate a tempi migliori. Ai tre progetti rimasti (ponte, Drizzagno e Idroporto) lavorano ora 400 operai, con otto escavatrici meccaniche e 40 locomotive. Il movimento-terra a fine lavori sarà di 1,3 milioni di metri cubi.

Il geometra-fotografo Enrico Ricci è presente ogni giorno in cantiere, per documentarne l’avanzamento. Fa turni supplementari e rimane anche lì la notte. Ricci ha studiato ogni dettaglio dei tre progetti e conosce il Tevere meglio di un fiumarolo. Vive con gli operai con lo stesso cameratismo dei fanti nelle trincee della Grande guerra. Per questo, nell’ottobre 1939 Ricci avrà l’onorificenza di cavaliere del lavoro.

Il 12 agosto 1940 lo scavo del Drizzagno è completo, nonostante appena due mesi prima l’Italia sia entrata in guerra al fianco della Germania nazista e da allora gli approvvigionamenti al cantiere si siano fatti discontinui.

Mussolini in persona viene a inaugurare l’opera. Il 16 agosto tutti i cinematografi italiani proietteranno immagini spettacolari provenienti dalla Magliana: il duce del fascismo aziona una leva e, con un fragoroso colpo di dinamite, fa saltare in aria il diaframma del canale artificiale. Il Tevere invade il nuovo alveo, mentre il meandro di Mezzocammino comincia a svuotarsi. Poco dopo Mussolini fa esplodere il secondo diaframma e il Tevere si ricongiunge con il vecchio alveo. Al cinematografo quelle immagini spettacolari appassionano più del film: il pubblico applaude e acclama.

Il cavalier Ricci rimarrà in cantiere fino al settembre 1941, per completare i lavori all’Idroporto. Pur completato, tuttavia, il nuovo bacino non entrerà mai in funzione. Oggi quel bacino è occupato dai campi sportivi dello Sheraton Golf club. Accanto, il vecchio meandro del fiume oggi è stato riconquistato dalle acque. Vi è una catena di tredici laghetti, di grandissimo pregio ambientale: gli Stagni di Fiume morto. Li abitano rumorose raganelle, la tartaruga emys orbicularis e innocui serpentelli biacchi. Durante la stagione delle migrazioni non è infrequente avvistare cicogne, aironi cinerini e lo spettacolo dei fenicotteri rosa.

Il 1941, per il 72enne Bonelli, è l’anno della resa. I suoi mezzadri, uno a uno, hanno lasciato Pian Due Torri diretti al fronte. Bonelli è rimasto solo e senza forza-lavoro, nella sua tenuta. E non ha trovato i nuovi investitori che cercava. A malincuore Bonelli cede il timone della Nuova Git al genero, Adriano de Tournon.


(articolo aggiornato il 17 Ottobre 2022)