I reduci tornano a casa, accompagnati dalla disperazione più cupa. Invalidi e mutilati di guerra non si contano e le ferite più laceranti sono invisibili agli occhi: mesi in trincea hanno svuotato l’anima dei soldati, riempiendola di orrore.

Da quell’orrore, quaranta uomini della Magliana non faranno mai ritorno. Li ricorda un piccolo monumento, un memoriale ai Caduti.

Su una base di rocce irregolari di tufo (a simboleggiare le asperità delle montagne) si erge la statua in bronzo di una Victoria dolens, una “vittoria dolente”, opera dello scultore Torquato Tamagnini (1886-1965). La figura femminile ha in una mano la corona d’alloro dei vincitori ma con l’altra depone un ramoscello sulla nuda roccia, in segno di pietà per i caduti.

Un’epigrafe ricorda il capitano Mazzantini, il sottotenente Urbani, l’aiutante di battaglia Agolini e ancora: maresciallo maggiore Tronti, sergenti maggiori Rughia e Consorti, caporale Mengarelli, altri 33 soldati semplici.

E la vita nella borgata rurale Magliana lentamente ricomincia. La marchesa Pino-Lecce presenta un nuovo progetto di ampliamento, con poderi che si arrampicano sul monte delle Piche. Un mutuo suppletivo dell’aprile 1921 finanzia, con 600.000 lire, 18 fabbricati rurali, acquedotto, fogne e strade.

Una stretta rampa a tornanti (oggi via di Generosa) si arrampica sul monte, sulla cui sommità corre la strada panoramica della Borgata Magliana (oggi via Fulda) e si colloca un’ampia spianata (largo dell’Oratorio Damasiano). Vengono completati i primi otto fabbricati rurali, tutti uguali: pianta rettangolare, doppia elevazione con tetto a capanna, servizi igienici esterni.

L’acquedotto intercetta una sorgente in cima al monte: il terminale si trova sulla spianata. La testata è a valle, su vicolo dell’Imbarco. C’è un fontanile pubblico con vasca, decorato con un mascherone bronzeo e l’epigrafe “Acqua Pino-Lecce”. Il fontanile giace oggi in abbandono.


(articolo aggiornato il 15 Ottobre 2022)