Montestallonara è un comprensorio di edilizia sociale, situato nell’Agro Romano, a metà tra due nuclei preesistenti di edilizia abusiva: Spallette e Pisana.

Il progetto del 2003 – denominato piano di zona B50 – prevede proprio di saldare questi due nuclei in un abitato continuo, riempiendo lo spazio che li separa con palazzine basse per un volume di sei milioni di metri cubi, una grande piazza urbana, una chiesa e tre scuole. La previsione di insediamento è (allora) di cinquemila nuovi abitanti, per lo più famiglie romane a basso reddito a cui affittare le nuove case con un canone di locazione calmierato (social housing).

Le prime convenzioni edilizie risalgono al 2007: seguono i finanziamenti regionali alle cooperative e società costruttrici. La costruzione delle case inizia.

Le opere di urbanizzazione primaria, invece, vanno a rilento. Ci si rende conto da subito che il vecchio collettore fognario non è in grado di sostenere la nuova edificazione e occorre realizzare una rete fognaria nuova. Anche le strade sterrate, polverose in estate e fangose d’inverno, necessitano di interventi ingenti. A fronte di queste necessità, i primi fondi a stralcio arriveranno soltanto nell’aprile 2011. E l’iter delle gare sarà spesso frammentario e accidentato.

Sul finire del 2011 intanto le prime case sono ultimate e vengono consegnate le chiavi ai primi inquilini. Le cronache del tempo li chiamano “i pionieri della Nuova Roma”. Sono pionieri perché nel loro bagaglio, oltre al mobilio e vecchi ricordi, portano con sé anche mille speranze, con cui devono sopperire ai mille problemi che trovano ad attenderli.

Manca del tutto l’illuminazione pubblica: la sera il nuovo comprensorio ha un aspetto spettrale. Le condutture del gas non sono ancora arrivate e ci si scalda con i bomboloni a gpl. Manca anche la rete telefonica fissa e i ripetitori per i cellulari hanno molti coni d’ombra. È presente un unico esercizio commerciale: il Bar di Guido, che però offre solo latte e tramezzini.

Si costituisce intanto il comitato di quartiere, presieduto da Monica Polidori. Monica, con energia e umanità, cerca di annodare i fili di una comunità che non esiste ancora. E di pari passo si confronta con le vicissitudini quotidiane di un deserto urbano.

Molte famiglie devono affrontare un problema immediato: chi ha stipulato un mutuo ma non ha ancora l’allaccio in fogna, non può mettere piede nella nuova casa, perché manca l’abitabilità. E nel frattempo deve prendere casa in affitto altrove, pagando sia mutuo che canone di locazione. Per molti la doppia spesa è insostenibile.

Nel 2014 le case sono ormai complete. Ma la città tutt’intorno, invece, è ancora tutta da inventare. E le difficoltà tecniche del realizzare le fogne intorno a case già costruite appare insormontabile. Chi può realizza una fossa biologica negli spazi condominiali, nell’attesa che arrivino le fogne vere.

Nell’estate di quell’anno arriva una notizia che lascia tutti spiazzati: il Campidoglio approva la “densificazione” dei piani di zona. Nel quartiere, dove mancano le urbanizzazioni primarie, verranno insomma costruite altre case sui terreni ancora liberi.

La notizia ha il sapore di una beffa. Il 29 luglio 2014 duecento persone scendono in strada, per la prima manifestazione organizzata. “Le fogne sono un diritto”, scandiscono a viva voce.

Segue, nel gennaio 2015 un ordine del giorno municipale, in cui si mettono nero su bianco i disagi vissuti dai “pionieri”. Nell’ordine del giorno compare una richiesta simbolica, che si conosce essere impossibile: esonerare i pionieri di Monte Stallonara dal pagamento di Imu e Tasi, le tasse locali con cui il Comune assicura illuminazione, fogne e strade. Tutti servizi che nel quartiere non sono mai arrivati. L’ordine del giorno rimarrà inascoltato.


(articolo aggiornato il 28 Aprile 2023)